Bisogna avere presente il Diario di Santa Faustina per comprendere fino in fondo che cosa è la divina misericordia. E contemporaneamente bisogna conoscere un poco San Giovanni Paolo II per capire il collegamento fra la sua vita e questa devozione che lo ha accompagnato fino al giorno della morte, avvenuta nella festa liturgica della divina misericordia.
Quando lessi il primo libro sulla divina misericordia non era ancora uscita l’enciclica di San Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, e capii poco di quel libro scritto da Maria Winowska, che ancora conservo, tradotto in italiano e con la prefazione del cardinale Rubin. Erano anni in cui per Misericordia molti pensavano a una sorta di buonismo, grazie al quale Dio avrebbe fatto uno sconto e chiuso un occhio di fronte ai nostri peccati.
Il Diario invece, e l’enciclica ancora di più, ci aiutano a comprendere quello che Wojtyla spiega nel suo libro Memoria e identità: la misericordia è una battaglia tremenda con la quale Dio vuole strappare le anime al demonio per condurle in Paradiso. Santa Faustina, la segretaria della divina misericordia, veniva chiamata personalmente a combattere questa battaglia al capezzale delle anime agonizzanti oppure per evitare un peccato mortale, con una modalità che ricorda le truppe speciali inviate al fronte per assolvere compiti al limite dell’impossibile.
La divina misericordia infatti è la risposta di Dio al male e si manifesta in Polonia negli Anni trenta perché proprio in quella nazione e in quel tempo il male si sta manifestando con particolare violenza. Quando Faustina muore, nel 1938, si sta per consumare il patto Molotov-Ribbentrop, i due ministri degli Esteri rispettivamente della Russia comunista e della Germania nazista. I due regimi totalitari stanno per invadere e dividersi la Polonia, che cessa di esistere come Stato. Molti polacchi, scriverà il Papa, si ricorderanno della misericordia divina durante e dopo la guerra, quando avranno perso tutto.
Ma forse oggi abbiamo ancora più bisogno della misericordia di Dio. In un mondo che muore il fascino del nichilismo è molto forte. La tentazione di lasciarsi morire in una società priva di senso esiste e colpisce soprattutto i giovani: per chi e per cosa, perchè vivere? Non è meglio uscire di scena lasciandosi morire in qualche modo? Oppure scegliere di morire attraverso l’odio verso questo mondo occidentale che non ha dato niente, imbracciando le armi altrettanto nichiliste del jihad?
La misericordia è l’ultimo ed estremo gesto di Dio nella storia di un mondo che muore. A noi viene chiesto di fare come lui insegnò a fare a Santa Faustina, nel modo adatto alla nostra vita laicale. Si tratta di essere a fianco delle anime, come veniva richiesto alla suora polacca, e di indicare loro la strada della rinascita, per aiutarle a uscire dalla disperazione, dalla tristezza, oppure dall’odio.
La Domenica della divina misericordia, il giorno dell’ingresso di San Giovanni Paolo II nella visione di Dio, può essere il primo giorno per sperimentare questa modalità di essere cristiani nel mondo di oggi.
Marco Invernizzi