Dura la reazione dei Comitati Sì alla famiglia dopo la sentenza del Tribunale dei minori di Roma che legittima l’adozione cosiddetta «stepchild» del figlio di una donna lesbica da parte della sua convivente.
«Il Parlamento – rileva il segretario di Sì alla famiglia, l’avvocato Giancarlo Cerrelli – discute da mesi sulla stepchild adoption e il nodo è così importante da costituire elemento di dibattito e di scontro interno ai gruppi parlamentari. Ma il Tribunale dei minori di Roma ritiene di essere più importante del Senato e della Camera: per questo, a distanza di poco più d’un anno dalla sua precedente e analoga decisione, si conferma come non interprete, ma autore di nuove norme, e ribadisce la stepchild adoption per via di sentenza». «Al di là della improvvida sostituzione al potere legislativo, la pronuncia romana – afferma il presidente nazionale dei Comitati Sì alla famiglia, il sociologo torinese Massimo Introvigne – scardina il fondamento dell’ordinamento minorile: l’interesse del minore è infatti quello di crescere in una famiglia al cui interno la duplicità delle figure dei genitori costituisce un arricchimento; al posto dell’interesse del minore viene ore collocato, facendolo assurgere a diritto, il desiderio di figli delle coppie same sex, ovvero il desiderio di considerare come figli a tutti gli effetti i minori di uno solo dei componenti della coppia, al fine di legittimare l’adozione piena». «La portata ideologica e ostile al minore della sentenza – concludono i Comitati Sì alla famiglia – deve indurre il Parlamento non a ratificare questa decisione, ma a ribadire il diritto di ogni bambino a un papà e a una mamma».