Un anno fa il card. Scola prendeva possesso della diocesi tramite mons. Carlo Redaelli, oggi arcivescovo di Gorizia, pertanto non aveva potuto celebrarela Messanella festa patronale del Duomo.
Al rito ambrosiano piace cominciare l’anno pastorale commemorando la nascita terrena di Maria, “aurora della nostra Salvezza” (Prefazio). E’ tanta la carne al fuoco l’8 settembre: ci sono gli ex-vescovi ausiliari, divenuti titolari di sedi proprie, da salutare, i seminaristi da scrutinare in vista degli ordini sacri, la lettera pastorale da illustrare.
Scola parte dalla festività del giorno per indicare, tramite il motto ben noto ad Jesum per Mariam (“Come il Verbo per venire in mezzo a noi si è incarnato nel grembo santo di Maria Vergine, così la Chiesa è il luogo in cui, per pura grazia, il Figlio di Dio vuole continuare a venire incontro agli uomini di ogni tempo e di ogni dove. Come fu per Maria, così è per la Chiesa”), uno stile che deve informare tutto l’Anno della Fede: “Testimonianza più che militanza”, nel senso di “conoscenza e contemplazione più che proliferazione di iniziative”, tenendo sempre conto che “Gesù Cristo è la grande risorsa per la vita personale e comunitaria della Chiesa e della società civile”.
Di iniziative ce ne sono in programma veramente tante e toccheranno tutti gli aspetti di questo Anno della Fede: la rievangelizzazione dei giovani e dell’Occidente, il 50° anniversario del Concilio Vaticano II (1962), il 20° della promulgazione del Catechismo e anche il 20° di morte del card. Giovanni Colombo (1992). Quest’ultimo è un aspetto peculiare dell’arcidiocesi ambrosiana, la quale considera l’Anno della Fede un momento propizio per riscoprire il magistero di questo grande arcivescovo (1963-79), che Mario Palmaro in una celebre biografia (Gribaudi 2002) non esita a definire “il cardinale coraggioso” per come ha saputo fare fronte con chiarezza a situazioni difficili come il disastro dell’ICMESA di Seveso (1976) e la conseguente campagna pro-aborto dei Radicali. Il predecessore di Martini ha precorso i tempi delle battaglie sui valori non negoziabili e ha mantenuto intatto il rigore antico degli studi teologici del Seminario Arcivescovile, di cui fu rettore fedele agli imput delle origini (1935). Un modello quindi di elevata caratura per tutti coloro che affrontano le stesse sfide e vogliono riproporre nell’oggi l’eroica obbedienza al Papa e la disciplina ammirevole del card. Colombo.
Rubrica a cura di Michele Brambilla.