Da circa tre anni qualcuno posta sul sito diocesano milanese il consiglio di
“evitare di celebrare gli anniversari di matrimonio in forma comunitaria”,
ovvero all’interno della Messa principale della festività della Sacra Famiglia (4^ domenica di gennaio nel Rito ambrosiano), poiché
“la sensibilità di quanti vivono situazioni di vedovanza, solitudine, separazione, divorzio, potrebbe risultare ferita e aumentare il senso di esclusione”.
Il divieto cerca al contempo di coinvolgere la totalità dei presenti fornendo indicazioni e formule per la Comunione spirituale di quanti vivono in situazioni irregolari che non consentono l’accesso all’Eucaristia sacramentale.
Questa nota, che appare fin da subito contraddittoria, da quando viene pubblicata fa discutere aspramente i consigli pastorali e viene diffusa nelle comunità soprattutto da coloro che praticano la censura della dottrina cattolica, secondo un meccanismo denunciato dallo stesso card. Angelo Scola all’Epifania.
Una cosa, infatti, è criticare determinate modalità di festeggiamento ed invitare alla sobrietà, altro far passare velatamente, tramite la gestualità, che si ha paura di testimoniare i valori della famiglia indissolubile in maniera pubblica. L’esperienza parrocchiale dimostra che la commemorazione durante la Messa degli anniversari di matrimonio più venerandi (25°, 50°, 60° ecc…) risulta, invece, di grande giovamento spirituale per quanti sono in cammino verso la perfezione cristiana, che trovano così un modello al quale avvicinarsi sempre di più.
L’arcivescovo ribadisce, a proposito di famiglia, il concetto espresso ad inizio mese. Interrogato il 17 gennaio su quanto stava accadendo a pochi passi dall’Arcivescovado, dentro ed attorno alla sede della Regione Lombardia, ha risposto limpidamente:
“Purtroppo, e chiedo scusa, non ho seguito in dettaglio la questione”
del convegno Difendere la famiglia per difendere la comunità, promosso, ci ricordiamo bene, da Alleanza Cattolica, Tempi, Obbiettivo Chaire e Nonni 2.0.
“Però a me pare che, con tutto il parlare del rispetto dei diritti, sarà anche diritto di taluni cittadini trovarsi a riflettere sul valore della famiglia così come loro la pensano. In una società plurale tutti devono esprimersi, senza preclusioni da parte di nessuno. Perché o ci crediamo alla democrazia, o non ci crediamo. (…) Quindi non vedo motivi per aver paura di gente che si trova a riflettere”.
Poche sere dopo, la seconda grande catechesi rivolta a tutti i giovani dell’arcidiocesi nel mese di gennaio avrà casualmente come tema “Non è bene che l’uomo sia solo (Gen. 2,18)”. Costruire relazioni autentiche negli affetti. Ai ragazzi viene proposta la testimonianza di un uomo e di una donna regolarmente sposati ed aperti alla vita.
Sfuma quindi la possibilità, da parte di una stampa che prepara la festa del suo patrono, S. Francesco di Sales (24 gennaio), moltiplicando le menzogne, di arruolare il card. Scola tra i “dissidenti”. Ma il richiamo è risuonato forte e chiaro anche nelle orecchie di quanti, nella Chiesa stessa, cercano di annacquare il più possibile i contenuti forti della fede allo scopo di non “disturbare”. Il grande gioco della democrazia non ammette mimetismi per rimanere leale.
Michele Brambilla