Chi lo sa cosa avranno pensato i fedeli della parrocchia S. Giovanni Bono di Milano quando il parroco, durante la Messa domenicale, ha indicato loro la nuova croce da altare. La domanda è d’obbligo se si rivela che si trattava della celebre/famigerata croce dell’artista giapponese Hidetoshi Nagasawa, costruita a forma di ancora/navicella, priva di Cristo, per la cattedrale di Reggio Emilia. Faceva parte del discusso intervento di “adeguamento liturgico” a cui la cattedrale emiliana era stata sottoposta nel 2013 per ordine del vescovo uscente, il milanese mons. Adriano Caprioli.
L’EXPO ha dato vita a diverse iniziative volte a valorizzare anche l’edilizia sacra contemporanea dell’arcidiocesi di Milano, additando soprattutto quelle chiese che il card.Giovanni Battista Montini (b. Paolo VI), in dialogo con numerosi artisti del Novecento lombardo, progettò nel 1962 in commemorazione dell’appena aperto Concilio Vaticano II.
Sono luoghi caratteristici, che nel tempo sono diventati anche il cuore di comunità cristiane generose. Tuttavia, difficilmente indurrebbero nel turista la sindrome di Stendhal. Le pareti grigie e le forme strane non instillano molte crisi mistiche neppure nei credenti. Sono decisamente altri luoghi ed altri gesti, ancora oggi, ad indirizzare istintivamente a Dio. Prova ne è la straordinaria partecipazione, nel centro della città, alla processione del Corpus Domini presieduta dal card. Angelo Scola. Di fronte all’arcivescovo mitriato, che procedeva verso il Duomo con l’ostensorio tra le mani, accompagnato dai confratelli del SS. Sacramento, da tutto il clero e da una folla strabocchevole di fedeli, anche molti turisti hanno sentito l’esigenza di inginocchiarsi. L’occhio dell’anima riconosceva non solo il Signore nell’Ostia santa, ma vedeva nel baldacchino che procedeva tra i palazzi ottocenteschi l’eco della Milano di sempre.
Il card. Scola ha modo di presiedere una seconda processione eucaristica a Premana (le norme liturgiche del 2008 lo consentono, ma in tanti sentono ormai nostalgia di quando la solennità del Corpus Domini era comodamente alla domenica per tutti).
Qui il de-ja-vu è ancora più forte, tra stendardi, campane che suonano le tradizionali “armonie” (melodie eseguite a campana ferma con l’ausilio di martelletti) e stradine nelle quali accorrono in massa grandi e piccoli.
Il card. Scola coglie l’occasione per spiegare in cosa consista la tradizione nella Chiesa. Come la Scrittura, la fonte è la Trinità. Significa
“disporre la mente, il nostro cuore e tutte le nostre energie a ciò che Cristo ci vuole dire. (…) Se siamo qui è per servire il Dio vivente, Gesù diventato allo stesso tempo sacerdote, vittima e Salvatore. È Dio che ci abbraccia ad uno ad uno donando se stesso per ciascuno, offrendo il perdono di amore che ci libera dal peccato”.
Cristo non c’era solo ieri, ma tramite l’Eucaristia è presente anche oggi, continua a suggerire come vivere nell’oggi. Pertanto è deleterio certo formalismo, che radica la presenza di Dio solo e soltanto nelle forme di culto del passato, così come non va bene aderire acriticamente allo stile ed ai contenuti del Post-moderno, che non riconosce più alcunché di sacro.
“Non dovete perdere la vostra tradizione singolare che si esprime in un linguaggio che ha adattato al Mistero la parola di tutti i giorni. E per far questo c’è una sola condizione, rinnovare la tradizione secondo la necessità, i bisogni e le domande dell’uomo e della donna del Terzo millennio. Premana si apra in tutte le dimensioni; il nuovo deve vivere qui radicato in questa storia: ciò accade solo trasferendo l’Eucaristia nel quotidiano. Chiediamoci che peso ha Cristo nella fatica del lavoro, della famiglia, nell’educazione dei figli, nell’edificazione di una società giusta, nella vicinanza a chi è nel bisogno”.
Non importa, quindi, se la chiesa ha gli stucchi o le pareti di cemento: l’importante è che vi si predichi la dottrina degli Apostoli, in continuità con i propri padri, utilizzando i mezzi più opportuni e confacenti. Non stona allora vedere a Premana le cappe tridentine della confraternita accanto alle magliette degli animatori dell’oratorio estivo. Ciò ricorda direttamente quell’ermeneutica di cui parlava Benedetto XVI il 22 dicembre 2005: non esistono due Chiese, pre e post-concilio, con pastorali diametralmente “opposte”, ma solo l’ “una, santa, cattolica, apostolica”, fondata direttamente da Cristo quando disse “Pietro, tu sei pietra”.
Michele Brambilla