La “Cattedra dei non credenti”, ideata nel 1987 dall’allora arcivescovo card. Carlo Maria Martini allo scopo di far penetrare nel mondo cattolico le domande che attraversavano i non credenti e consentire un dibattito, pur con tutti i limiti e le vischiosità dell’esperienza ha rappresentato tra gli anni ‘80 e ‘90 uno spazio di dialogo interessante tra l’arcidiocesi di Milano e l’elite laica del capoluogo lombardo. Alcuni dei nomi che circolavano allora sono rimasti nell’orbita degli organi culturali di Piazza Fontana, contribuendo a distanza di molti anni alla ripresa di un’interlocuzione.
Il card. Angelo Scola, uomo di solida formazione universitaria, ricerca le voci di filosofi del calibro di Massimo Cacciari e Giulio Giorello, figure ancora in qualche modo “di grido”, allo scopo di rivitalizzare un’amicizia civica sui valori che vede spegnersi nella Milano contemporanea. Il suo è di nuovo un appello alla ragione, ma non più ad “inquietarsi” (uno dei verbi cari alla primitiva esperienza), bensì ad interrogarsi seriamente sul disorientamento morale e spirituale che attraversa la città.
Recuperare l’uso corretto di ragione per trasmettere i valori che conservano l’essere umano. “Il bisogno”, sia materiale che intellettivo, “è il segnavia della domanda di altro, della domanda di compimento totale, di soddisfazione totale. L’uomo, a specifiche situazioni di bisogno, non risponde mai solo con reazioni preordinate, ma è sempre teso al superamento e al progetto”.
Il nuovo dialogo civico riparte quindi dal cogliere l’uomo come mistero. Giorello, pur essendo ugualmente preoccupato di certe dinamiche sociali, non riesce a superare del tutto la tentazione positivista di definire la realtà principalmente o solamente con la terminologia tecnico-scientifica (“(…) tener conto pure delle parole di cui sono fatte le teorie scientifiche e i progetti tecnologici”), ma riconosce che “ha ragione il card. Angelo Scola nel suo Cosa nutre la vita? (2013): non si vive di solo pane, ma anche di parole buone” che danno senso all’esistere.
“Sto pensando a una ragione che non si pretenda signora assoluta delle emozioni, ma che lavori pazientemente sull’intrico delle nostre passioni con grande impazienza per la libertà”.
Parole che negli ambienti laicisti si colorano ancora di rivendicazionismo libertino, ma che denotano una ricerca verso l’uscita dagli schematismi scientisti, negatori della sostanza spirituale della persona umana.
Proprio per aprire gli sguardi alla complessità dell’uomo dal 7 al 23 luglio il Sacro Monte di Varese, uno dei più grandi santuari ambrosiani, ospita una rassegna teatrale interamente dedicata a Dante Alighieri (1265-1321), il sommo poeta della Cristianità italiana. I versi della Divina Commedia risuoneranno, la sera, tra le cappelle che narrano passo dopo passo la vita di Cristo. Il percorso terminerà con un riferimento all’ “Inferno Novecento”, tappa specificamente dedicata agli orrori del “secolo breve” ideologico affinché il futuro sia più disponibile “a riveder le stelle”.
Non solo le chiese delle aree turistiche, ma anche le basiliche di Milano città, Duomo in primis, e dell’immediato contado offriranno ai visitatori numerosi concerti di musica sacra ed eventi affini.
Tra un brano organistico di Bach ed un minuetto di Mozart molti torneranno con la mente alla civiltà che quella musica esprime, una civiltà innervata (o almeno ci provava) dal Vangelo. Le lunghe serate d’estate diventano così momenti propizi per suscitare la domanda di senso che abita ogni uomo, anche il turista più distratto e l’esteta più esteriore.
Michele Brambilla