L’arcivescovo di Manila (Filippine) ha intitolato una sua fortunata pubblicazione Gente di Pasqua. I cristiani sono coloro che nascono dalla morte e risurrezione di Cristo e traggono da quel mistero precise conseguenze antropologiche.
E’ quanto dice nei giorni dell’Ottava anche il card. Angelo Scola dal pulpito del Duomo di Milano.
“Qual è la caratteristica delle apparizioni di Gesù risorto? Esse ci fanno entrare nella Sua nuova fisionomia. «Egli è lo stesso – un Uomo in carne ed ossa – [ma] Egli è anche il Nuovo, Colui che è entrato in un genere nuovo di esistenza» (J. Ratzinger-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret 2, p. 296)”.
Oggi però c’è una preoccupante tendenza a voler misurare tutto, a sfuggire alla dimensione di mistero dell’esistenza umana.
Il card. Scola lo vede soprattutto nella guerra sferrata ai valori non negoziabili. Il “per sempre”, ovvero la smisurata dignità umana inaugurata dalla Pasqua, implica per esempio
“salvaguardare la vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale”. Nella difesa di questi valori troppi cattolici si dimostrano “un po’ troppo dubbiosi e scettici (…) Domandiamoci che qualità di vita può dare una società che non accoglie il concepito, o non accompagna i propri cari nel trapasso”. La risurrezione di Cristo conferma anche il senso del “per sempre” matrimoniale, “testimoniato da migliaia e migliaia di sposi (…). Da questo amore fedele, aperto alla vita, nessuno può negare che sorga un fattore di stabilità per la nostra società. Senza di essa non si può edificare alla lunga una vita buona capace di accoglienza”.
L’omelia pasquale riecheggia nella presentazione del tema dell’oratorio estivo 2016, che si tiene nel salone della sede della FOM in via S. Antonio 5 la mattina del 2 aprile. Il logo Perdiqua riprende il Vangelo di Luca (Lc 9, 51-56) nel brano in cui Cristo invita i discepoli a seguirlo a Gerusalemme, dove avverranno la Passione e la Risurrezione. I riferimenti alla Pasqua non si esauriscono nella citazione, ma innervano tutto il percorso catechetico, basato sul racconto dell’Esodo, anch’esso risuonato in tutte le chiese il Sabato Santo come prefigurazione del “passaggio” (Pesach) vero dalla schiavitù del peccato alla vita eterna in Gesù.
“Anche noi dobbiamo attraversare il nostro Mar Rosso e percorrere molto spesso il deserto, ma non abbiamo paura perché nel cammino siamo accompagnati, c’è chi ci precede e ci sta accanto, per dirci in ogni occasione: «Perdiqua»”, e costui è proprio il Signore risorto.
Anche l’arcivescovo ricorda che non tutte le difficoltà sono risolte.
“La morte (…)permane in tutta la sua bruttura psicologica”, come purtroppo sperimentano in maniera particolarmente drammatica “i nostri fratelli inermi, che in Medio Oriente, e altrove, non cessano di consegnare la vita al martirio” (giusto il giorno di Pasqua un kamikaze islamico mieteva 72 vittime in un parco di Lahore, in Pakistan), ma “ha perso il suo pungiglione, è diventata solo sembianza”.
Michele Brambilla