L’arcidiocesi di Milano non poteva certamente non aderire al forte appello alla preghiera per la pace in Siria, lanciato domenica 1 settembre da Papa Francesco durante l’Angelus. E così, nonostante per numerose parrocchie ambrosiane dedicate a Maria Nascente volesse dire una faticosa modifica dei programmi della festa patronale, dalla più sperduta chiesa di campagna alla più solenne delle basiliche non c’è quasi stato luogo in cui la sera del 7 settembre i fedeli cattolici dell’arcidiocesi non si siano spiritualmente uniti alla veglia presieduta in piazza S. Pietro dal Papa stesso.
Sull’orlo di una guerra potenzialmente catastrofica (coinvolgerebbe gli Stati Uniti e la Russia e sommuoverebbe l’intero Medio Oriente), i cattolici si ritrovano ad essere ancora una volta esercito orante, che si affida alla forza tremenda dell’arma della preghiera al Dio unico e vero, Padre, Figlio e Spirito Santo, per intercessione della Madonna.
Anche il card. Angelo Scola presiede una veglia di preghiera, nella basilica di S. Ambrogio, gremita di fedeli fino ad oltre il quadriportico. Le immagini dell’enorme folla danno il senso di quanto i milanesi abbiano sentito l’invito all’orazione.
Come nell’intervista televisiva, il card. Scola sottolinea che la veglia vuole indicare che la responsabilità per la pace nel mondo è di ciascun credente. “La verità e la forza di questo gesto di preghiera e di digiuno si compie solo se lo assumiamo, ora e qui, di persona. Solo se non restiamo estranei alla conversione pacifica del nostro cuore”. L’arcivescovo riconduce così all’oggettività delle parole di Papa Francesco, del quale legge integralmente il testo dell’Angelus. “Questa catena di pace”, constata il card. Scola, “sta ora avvenendo in ogni parte del mondo”. Nella stessa S. Ambrogio è presente uno spaccato di questo mondo: ci sono autorità civili di primo piano, tutti i maggiori movimenti ecclesiali e numerose delegazioni di Chiese orientali.
Un’attenzione particolare il card. Scola la riserva proprio ai cristiani mediorientali. In un’intervista televisiva dice: “Il mio pensiero va ai tanti cristiani che subiscono anche il martirio fisico per professare la loro fede”. I cristiani di Siria suonano ripetutamente il campanello d’allarme sull’integralismo islamico di tanti ribelli e contribuiscono a fornire all’Occidente un panorama più frastagliato di quello che vuol far credere il presidente USA Barack Obama nei discorsi interventisti. C’è il rischio concreto di ritrovarsi impantanati in una nuova Libia, con conseguenze però molto più gravi per la Chiesa a causa della maggiore grandezza della comunità cristiana che vive in quei luoghi fin dai tempi apostolici. I cristiani di quelle terre sono eredi del nucleo originale della Cristianità e la loro persecuzione appare quindi ancora più dolorosa.