Cassago Brianza (Lecco). Un minuscolo paese della grande Brianza che laùra, con il campanile barocco-neoclassico, l’oratorio, la sua Madonna sull’altare, le sue fabbriche a conduzione familiare, che però custodisce un insospettabile tesoro. Cassago è infatti quella Cassiciacum in cui il retore Agostino d’Ippona attese, nel 386 d.C., il battesimo per mano di S. Ambrogio, istruendosi nella dottrina cristiana. Egli vedeva nella dolcezza della natura del luogo una rappresentazione plastica dell’invito di Isaia: “Ogni monte e colle sia abbassato, i passi tortuosi siano dritti, i luoghi impervi spianati” (Isaia 40,4). Versetto citato in Confessioni, libro IX, par. 7, in cui Cassiciacum è esplicitamente richiamata. “Anche lì, a Cassiciaco, svolsi attività letteraria, messa ormai a Tuo servizio. (…) Quali voci di gioia mio Dio, non elevai a Te leggendo i salmi di David, canti di fede, gemiti di pietà, insieme ad Alipio e a mia madre!” (parr. 7-8). Un parco archeologico conserva al limitare di Cassago i resti di quell’abitato, nato come insediamento gallo-romano già nel II sec. a.C.
Il card. Angelo Scola raggiunge Cassago la mattina del 26 gennaio. E’ la festa della Sacra Famiglia secondo il Rito ambrosiano e proprio in quella data l’arcivescovo consacra il nuovo altar maggiore della chiesa parrocchiale, dedicata ad altri due giganti della santità, S. Giacomo apostolo e S. Brigida. Benedice anche il nuovo fonte battesimale, in solida pietra bergamasca.
Don Adriano Valagussa snocciola su Avvenire i numeri considerevoli della sua parrocchia: ha 4470 abitanti, “la partecipazione alle Messe è buona, anche quella dei giovani. D’altronde abbiamo un oratorio molto organizzato. Tra oratorio estivo e feriale con gli animatori superiamo i 250 ragazzi, che per un paese piccolo come il nostro rappresentano un buon numero. Anche durante l’anno ci sono giornate organizzate in cui la partecipazione è significativa Veicoliamo il messaggio pastorale anche attraverso le attività sportive, con l’associazione sportiva Oratorio Cassago che attira molti giovani”. Il parroco ricorda l’esortazione del card. Carlo Maria Martini nella visita pastorale del 1986, in cui spronò i giovani ad una fede di convinzione e non di consuetudine. Un invito si può dire pienamente accolto: altro che la Brianza cupa e danarosa di Virzì! Forse il segreto sta nel lavorio silenzioso del compatrono, S. Agostino, giovane che in quelle terre scoprì la Fede con entusiasmo e liberò, così, anche la ragione.
Tutti questi stimoli, ma soprattutto la circostanza della dedicazione dell’altare, convergono nell’omelia del card. Scola. C’è anzitutto l’antichità del borgo, in cui si radica una Fede altrettanto antica, entrata nel DNA locale: “L’Eucaristia domenicale da secoli vede, in questa terra abitata da millenni prima di Cristo, uomini e donne che si lascino convocare da Gesù”.
La Messa non è solo santa advocatio del popolo cristiano, ma soprattutto opera e dono di Cristo. Essendoci un altare da dedicare, risulta più immediato ricordare che “l’altare per eccellenza è la croce di Cristo”. Del suo sacrificio Cristo è “il Sacerdote, mandato dal Padre per riconciliare gli uomini, ma non è solo il “pontefice”, ma è anche la Vittima. Gesù offre se stesso, non ci sarebbe stata altra offerta per riconciliarci con il Padre. Così la croce, infissa sul Golgota, diventa l’altare su cui Cristo è poggiato”. E’ provvidenziale la coincidenza con la festa della Sacra Famiglia, perché “il Cristianesimo nella sua natura profonda è una nuova parentela, che dilata al massimo il dono dell’amore vero, che Gesù, offrendo se stesso per noi, ci ha insegnato”. Rivela, infatti, la fratellanza in Dio Padre, che supera i confini delle nazioni e dei clan.
L’arcivescovo sintetizza la sua omelia in una citazione del “concittadino” S. Agostino, che nei Soliloqui, composti forse a Cassago, constata: “O Dio, dal quale allontanarsi è cadere, verso cui voltarsi è risorgere, nel quale rimanere è sicurezza”. In queste parole c’è tutto il vissuto della comunità visitata, rimasta sempre salda in Cristo, oltre che di ogni cristiano.
Michele Brambilla