“Ebrei, cristiani e musulmani, usciti dalle mani dell’unico Creatore ci riconosciamo fratelli nella comune umanità”
Così si legge nel cuore della lettera del card. Angelo Scola ai musulmani residenti a Milano in occasione della fine del Ramadan. L’arcivescovo parte dal dato dell’appartenenza al genere umano per una nuova esortazione alla fraternità ed alla pace.
Quello che l’Islam si lascia alla spalle è un mese sacro dolorosamente macchiato di sangue cristiano. Dall’Iraq al Pakistan, passando per la Nigeria, non si contano gli attentati ed i massacri compiuti ai danni delle minoranze cristiane e le chiese distrutte. Luglio splende dei bagliori dell’arcivescovado di Mosul in fiamme.
Il card. Scola lo ha ben presente, ed infatti non dimentica “un pensiero particolare ai vostri Paesi d’origine, specialmente quelli in cui la pace continua a essere gravemente minacciata a motivo di crisi politiche purtroppo accompagnate da pesanti e ripetuti atti di ingiustizia, di violenza e di persecuzione.Uomini delle religioni e di buona volontà: facciamo nostro l’appello del Santo Padre Francesco: «La violenza non si vince con la violenza. La violenza si vince con la pace».
Possa l’Altissimo accogliere le nostre preghiere e le nostre penitenze come offerta a Lui gradita per il bene nostro e di tutti i fratelli uomini”.
L’arcivescovo di Milano crede però che la strada del dialogo e della reciproca conoscenza possa almeno condurre, nello scenario nostrano, ad un’intesa sulla legge naturale ed il dovere della carità. “Auspico che il prossimo anno sociale ci veda gli uni accanto agli altri in iniziative volte ad accrescere la conoscenza e il rispetto reciproci oltre che ad alleviare le tante forme di disagio e di bisogno”. La “santa alleanza” basata sui valori comuni è però possibile solo se esiste quel “rispetto reciproco” che il card. Scola cita due volte, una dall’analogo messaggio del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso. La cronaca di questi giorni dimostra come il cammino per raggiungere questa reciprocità sia ancora molto lungo, specialmente da parte islamica.
Il dialogo non è veritiero se omette, appunto, la verità. Mentre scrive questo breve messaggio, il card. Scola schiera senza esitazioni la sua rivista Oasis ad intransigente difesa dei cristiani mediorientali. Essi non possono essere costretti ad abbandonare terre nelle quali vivono da prima dell’Islam. Pochi giorni dopo il messaggio citato, il card. Scola lancia un vero e proprio appello a favore dei cristiani iracheni, e le sue parole non accarezzano neppure l’Occidente.
“In troppi Paesi del mondo professare la fede in Gesù Cristo significa mettere a repentaglio la vita, quella della propria famiglia e condannarsi ad essere considerati cittadini di rango inferiore. Questa persecuzione, più feroce di quella subita dai cristiani nell’epoca apostolica, deve provocare e scuotere tutti noi che a Milano, in Italia ed in Occidente crediamo troppo tiepidamente. (…) Faccio un appello a tutta la Chiesa ambrosiana e a tutte le donne e gli uomini di buona volontà, affinché non manchi la preghiera incessante per la condizione drammatica di questi fratelli perseguitati. Ciascuno s’impegni nell’aiuto concreto per i loro bisogni ed alzi la propria voce presso le istituzioni deputate, affinché facciano quanto è in loro potere per intervenire e porre fine al Calvario che da troppo tempo i cristiani stanno vivendo nella regione mediorientale”.
Michele Brambilla