Seregno non è solo la visita alla “parrocchia perfetta”, ma permette di rileggere una pagina oscura del nostro Risorgimento.
La prima visita pastorale dell’anno 2014-15 tocca un luogo che oscilla tra memoria ed identità futura. Seregno, grosso paese della Brianza, fonde le sue due comunità pastorali e le intitola a Giovanni Paolo II alla presenza del card. Angelo Scola. La visita omaggia inoltre due anniversari carissimi alla comunità brianzola, uno dei quali ci permette di illustrare una pagina quasi sconosciuta della Storia della Chiesa ambrosiana.
Il 14 settembre 1814 vedeva infatti la luce in quella località mons. Paolo Angelo Ballerini (1814-97). Egli, professore di seminario nei mesi caldi delle Cinque giornate di Milano, salutò i moti antiaustriaci come il momento in cui la Chiesa aveva la concreta possibilità di liberarsi dal giogo giurisdizionalista figlio dell’Illuminismo, il quale limitava l’azione sociale dei cattolici, la comunicazione con Roma e la stessa formulazione dei voti religiosi. Tuttavia, aveva uno sguardo sufficientemente ampio (era esperto anche delle vicende inglesi e francesi) per constatare come la salvezza non potesse provenire dai liberali piemontesi, i quali gliela fecero pagare cara.
Nominato arcivescovo di Milano nel 1859 mentre Vittorio Emanuele II entrava in Lombardia, fu da questi impedito di prendere possesso della cattedra episcopale. Mons. Ballerini, fedele a Pio IX, dovette così riparare nella natia Seregno. Nel 1867 il Papa lo trasformò in patriarca di Alessandria d’Egitto. Ignaro della sopravvivenza dei copti egiziani all’arrivo dell’Islam (VII sec.), mons. Ballerini rimase a Seregno, amato e riverito dalla sua gente. La vicenda dell’arcivescovo “impedito” dimostra quanto Pio IX avesse compreso la natura degli eventi di cui fu protagonista: il Risorgimento era in realtà una “Rivoluzione italiana” (Patrick Keyes O’Clery) volta a demolire il volto cristiano della Penisola.
Il card. Scola nella prepositurale di S. Giuseppe sosta in preghiera davanti alla salma del predecessore e getta uno sguardo d’insieme sulla realtà brianzola. Definisce Seregno un modello per tutta l’arcidiocesi dal punto di vista della vivacità associativa e della partecipazione popolare. “La decisione di far coincidere la comunità pastorale con la città può portare ad un lavoro di valorizzazione di tutta la ricchezza ecclesiale e civile che qui si vede, affinché l’idea fondamentale che il Cristianesimo vuole trasmettere, cioè che il dono di Gesù crocifisso e risorto cambia la vita fin da adesso e la riempie di speranza affidabile (…), possa diventare concreta”, ovvero tastabile, riconoscibile. La Fede va incarnata: bisogna “far rifluire tutto questo in una buona cittadinanza, che sappia riconoscere la pluralità di bisogni (…), ma nello stesso tempo che siamo chiamati a vivere insieme”. Riconoscere Gesù come redentore significa aderire anche ad una dottrina sociale, da mettere in gioco nell’agone pubblico senza timidezza.
Questa sinergia la “devono costruire dal basso”. Così come nel passato Seregno ha dato prova di coesione di fronte a situazioni difficili (si pensi al sostegno corale a mons. Ballerini negli anni dell’esilio), così bisogna fare anche oggi, quando manca proprio la capacità di unirsi sotto valori e progetti comuni. Veglierà dall’alto su questo processo S. Giovanni Paolo II, il Papa della nuova evangelizzazione.
Michele Brambilla