E’ possibile invertire la parabola discendente in un contesto di secolarizzazione radicale, aggravato da uno scandalo penosissimo in seno al clero diocesano? La testimonianza in Duomo dell’arcivescovo di Boston.
Riprende il ciclo di incontri con esempi eccellenti di episcopato nelle metropoli moderne, progettato dal piano pastorale 2013 Il campo è il mondo per creare un confronto con altre comunità cattoliche del rilievo di Milano.
La sera della festa della Madonna del S. Rosario (7 ottobre) interviene nella cattedrale milanese l’arcivescovo di Boston, card. Sean Patrick O’Malley. Sean è il nome in religione di questo cappuccino statunitense (di famiglia irlandese), nato nel 1944, che, entrato in seminario da bambino, ha sempre sognato la missione ed ha vissuto a lungo a contatto con gli immigrati ispanici provenienti dall’America Latina.
L’impegno missionario l’ha però messo a capo di diocesi dai trascorsi estremamente burrascosi. A Palm Beach (Florida) subentrò ad un vescovo indagato per abusi sessuali, succeduto a sua volta ad un altro prelato pedofilo. Nel 2003 ereditò la prestigiosa arcidiocesi di Boston dalle mani insicure del card. Bernard Law, che aveva tentato di insabbiare i casi di pedofilia nel clero diocesano. “Sapevo che il mio primo compito era quello di condurre la ricostruzione della Chiesa locale”, devastata dal dolore e dall’indignazione.
Nonostante una situazione pastorale che poteva prostrare chiunque, il cardinale francescano non ha perso una delle sue caratteristiche fondamentali: un senso dell’umorismo straordinario, che accompagna con metafore sarcastiche ed efficacissime l’intera conferenza. Il card. O’ Malley si dimostra persino un acuto conoscitore del Manzoni, se esordisce richiamando la figura di un noto “confratello di carta”: “Così come fra Cristoforo ha ucciso il cattivo (nel cap. IV dei Promessi sposi si spiega che Ludovico-Cristoforo entrò tra i cappuccini per espiare l’uccisione di un nobile arrogante), io temo che ucciderò l’italiano”. In realtà si esprime molto bene nel nostro idioma.
Forse non aveva torto un cresimatore che passò per la mia parrocchia e disse ai ragazzi che sorridere è parte non secondaria dell’apostolato. Boston aveva bisogno di un pastore affabile e sicuro per superare una forte depressione. Bisognava “avvicinarsi alle vittime aiutandole in ogni modo possibile, incontrare centinaia di loro e le famiglie per comprendere quanto coloro che sono stati abusati siano stati danneggiati. Pregare per il riposo delle anime di chi si era tolto la vita o è morto di overdose per questo, rimarrà sempre nella mia memoria, così come il desiderio di alcuni di perdonare i colpevoli”, ma anche far ritrovare l’orgoglio di essere cattolici alla sanior pars.
Dietro il sorriso del cardinale si celarono allora un drastico intervento disciplinare, veglie di preghiera nelle parrocchie con il libero intervento delle vittime di abusi, corsi sui sintomi della perversione sessuale e su come denunciarli in tempo alle autorità, una rinnovata pastorale universitaria e sociale in una città in cui 1/3 degli abitanti è straniero e ci sono più di 300.000 studenti.
L’arcidiocesi ripartì dai fondamentali della Fede, non dando più nulla per scontato. Oggi la comunità cattolica è la più forte di Boston, attivissima nella difesa dei valori non negoziabili e dei diritti dei deboli. Da un seminario vuoto si è passati a circa 100 alunni e due nuove fondazioni religiose.
Sorridere non basta, se diventa un sorriso buonista. Il card. O’Malley ci ricorda che la nuova evangelizzazione si nutre di verità, su se stessi e sugli altri. Solo se i cattolici riscoprono la loro vera identità ottengono quello slancio che li rende missionari gioiosi.
A proposito di “operazione verità”, giunge proprio in questi giorni al culmine la vicenda della trascrizione, anche nel Comune di Milano, dei matrimoni gay contratti all’estero. Il ministro Angelino Alfano ha ingiunto ai municipi la cancellazione di tali provvedimenti contra legem, ma il sindaco Giuliano Pisapia, assieme a Virginio Merola di Bologna, capitana il fronte della resistenza all’ordine dei prefetti ed aggiunge provocatoriamente altre sette coppie agli elenchi dell’anagrafe. Il Servizio per la famiglia dell’arcidiocesi ambrosiana reagisce per bocca di un comunicato nel quale, oltre a ribadire che così facendo si genera “un conflitto istituzionale tra organismi con competenze diverse”, auspica “una legislazione adeguata in materia di famiglia che sappia tutelare i diritti di tutti e rispettare la natura delle cose. Ai termini “famiglia” e “matrimonio” la definizione della realtà dell’unione stabile di un uomo e una donna aperta alla vita; per altri tipi di unione altri nomi”. La memoria dei “Dico” e del Family Day (2007) dovrebbe però mettere in guardia da qualsiasi apertura a certo nominalismo, foriero di “giurisprudenza creativa”.
Michele Brambilla