Cosa accomuna andare ad ascoltare un vescovo iracheno e bussare alla porta del vicino di casa? Il desiderio che tutti, dovunque abitino, siano raggiunti dall’annuncio di Cristo. Milano ha una “vocazione specifica” nella modernità.
Il Lezionario ambrosiano del 2008 intitola la I domenica dopo la Dedicazione (26 ottobre) “domenica del mandato missionario”. I cattolici milanesi si sono ormai abituati ad onorare la Giornata missionaria mondiale “in differita”.
Il “ritardo” non impedisce la collocazione in settimana di eventi significativi, tra i quali spicca la visita a Milano di mons. Louis Raphael Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei.
Il prelato, “portavoce” di Chiese martiri (nei territori cristiani iracheni spadroneggia il califfato dell’ISIS), tiene il 21 ottobre una conferenza al Teatro Dal Verme, patrocinata sia dall’arcidiocesi ambrosiana che dal Centro Culturale di Milano (CMC) e dalla Fondazione Tempi, entrambe realtà riconducibili a Comunione e Liberazione. La platea è quella delle grandi occasioni e non si perde una sola delle parole di mons. Sako, che descrive accuratamente la situazione spaventosa in cui si trova la comunità cristiana irachena, ma testimonia anche la sua incrollabile speranza. “Anche se tutti se ne andassero, io rimarrei. (…) Non vergognatevi (di Cristo), anche voi occidentali siate forti nella Fede”.
Un modo molto pregnante per ricordare ai nostri concittadini il giusto orgoglio che dovrebbero avere del loro Cattolicesimo. Parole che, come la recente beatificazione del Papa dell’Evangelii nuntiandi, risuonano nella veglia missionaria, svoltasi in Duomo il 25 ottobre. Di fronte allo sclerotizzarsi per anzianità di tanti “gruppi missionari” parrocchiali, trasformati spesso in semplici gruppi di sostegno economico, bisogna risvegliare nelle coscienze lo spirito entusiasta con il quale l’allora card. Giovanni Battista Montini inviò, nel 1957, i primi fidei donum ambrosiani in Zambia, germe di una vera e propria adozione delle missioni cattoliche in loco. Milano, da sempre città ospitale, scoprì allora cosa significa farsi carico in prima persona della fede del fratello, in una dimensione che era stata un po’ dimenticata.
Come dice il card. Angelo Scola, “spesse volte (…) noi viviamo la logica dello spettatore passivo, o siamo come l’intellettuale, seduto con il whiskey in mano a risolvere guerre e soprattutto a non far niente. (…) L’uomo comunica ciò che è. (…) La famiglia è soggetto dell’evangelizzazione, cioè tocca agli sposi, ai nonni ecc… comunicare nella vita reale alle persone ed alle altre famiglie, qualunque sia la loro condizione, la bellezza dell’amore che in Gesù Cristo hanno ricevuto. La Chiesa deve nascere dal cuore delle persone”.
Proprio perché il Cristianesimo rinasca “dal cuore delle persone” in una comunità pastorale del contado si è deciso di rispolverare l’antico status animarum, cioè l’inchiesta che il parroco tridentino doveva stendere durante la visita annuale alle famiglie per valutare la salute spirituale del gregge. Lo status animarum degli anni 2000 consiste nel far precedere la benedizione natalizia dalla visita d’incaricati, tratti dallo stesso condominio, affinché il primo approccio sia tra laici che condividono la quotidianità delle persone.
La Giornata missionaria serve per ricordare che nessuno è escluso dal dovere di evangelizzare. Si sta sempre più andando nella direzione di una vera collaborazione tra predicazione del clero ed actuosa partecipatio (che non è solo quella liturgica) del laicato, secondo quanto auspicava il Concilio Vaticano II.
Il card. Scola guarda alla realtà ambrosiana con inguaribile ottimismo: citando il discorso d’ingresso a Milano del beato Montini (6 gennaio 1955), presenta la sfida di un “cristianesimo vero, adeguato al tempo moderno” come la “vocazione specifica” della metropoli lombarda. “Questo problema si pone in modo speciale, e unico, proprio alla nostra Milano, poiché a Milano, più che altrove in Italia e forse nel mondo, concorrono in alto grado la ricchezza stupenda e secolare d’una tradizione religiosa e la ricchezza meravigliosa e modernissima di vita”. Non dubita minimamente delle meraviglie che possono ancora scaturire da un humus, il “Cattolicesimo popolare ambrosiano”, che nel Novecento “ha visto nascere opere come l’Università Cattolica”.
Michele Brambilla