Solennità di Tutti i Santi tra statue e reliquie dei grandi ambrosiani
Complice certamente la crisi economica, si nota quest’anno una tendenza a vivere i giorni dei Defunti in famiglia, riscoprendo i riti che caratterizzano ogni ceppo familiare.
La “casa” per eccellenza dei milanesi, il Duomo, torna a riempirsi in occasione della Messa del 1 novembre, presieduta dall’arcivescovo card. Angelo Scola, il quale benedice una statua del beato Luigi Talamoni (1848-1926), da collocare sulla mensola 88, posta frontalmente all’altare del Crocifisso.
Talamoni, fondatore di quelle Misericordine che abbiamo visto in azione durante la vicenda di Eluana Englaro (la clinica di Lecco nella quale era ricoverata la ragazza prima del viaggio mortale ad Udine, nel febbraio 2009, è gestita dalle suore e dedicata al beato Luigi), era profondamente innamorato del Crocifisso, come ben sapevano i tanti penitenti che accorrevano al suo confessionale nel Duomo di Monza. Ora la sua statua sta a pochi metri di distanza da quella del suo maestro e precursore Luigi Biraghi (1801-79), teologo del Seminario, anche lui fondatore di suore (le Marcelline). “Volere la santità è cercare ogni giorno il volto amato di Gesù”, afferma l’arcivescovo.
Nel pomeriggio di Ognissanti il card. Scola si reca al Cimitero Monumentale, dove si trovano altri ambrosiani celebri che attendono la canonizzazione, in primis mons. Luigi Giussani (1922-2005). Proprio sessant’anni fa un giovane “don Giuss” saliva le scale del Berchet per cominciarvi l’insegnamento della religione, senza neppure immaginare che in quell’ottobre 1954 cominciava così l’avventura di un movimento internazionale.
La cittadinanza inscrive al Famedio il nome di mons. Luciano Migliavacca (1919-2013), dal 1957 al 1998 maestro di cappella del Duomo di Milano. Seppe fondere l’arte con l’impegno educativo verso i pueri cantores, rinnovando e rafforzando l’istituzione. Commosso l’attuale successore di Migliavacca, don Claudio Burgio: “Sono cresciuto sotto la sua direzione, ma soprattutto mi ha trasmesso una passione per il Vangelo che è diventata la mia vocazione in continuità con la sua”.
Le celebrazioni di Ognissanti avranno un’appendice gloriosa il 4 novembre, solennità di S. Carlo Borromeo. Milano accoglierà in cattedrale, affinché vi sia conservata per sempre, una delle magliette intime che il beato Paolo VI indossava il 27 novembre 1970 a Manila, quando fu accoltellato da uno squilibrato sulla pista dell’aeroporto. Il fendente mancò miracolosamente organi vitali e la visita apostolica proseguì senza variazioni. Montini completò così, già da Pontefice, la sequela perfetta di quel S. Carlo di cui aveva occupato la cattedra, che nel 1569 sopravvisse allo stesso modo ad una archibugiata.
Curiosità: l’attentatore del Borromeo era un frate dell’ordine degli Umiliati. Paolo VI fu aggredito da un pittore travestito da prete.
Michele Brambilla