Alleanza Cattolica partecipa in Duomo alla prima delle grandi Messe d’Avvento, durante le quali il card. Scola rinnova l’appello alla città ad ascoltare la predicazione cristiana. E di fronte al caso IRC, l’arcivescovo rovescia il timido comunicato iniziale.
Domenica 16 novembre, con la solenne Messa dell’arcivescovo Angelo Scola nel Duomo di Milano, a cui è stata invitata anche Alleanza Cattolica, comincia l’Avvento ambrosiano. Come ormai di prassi, il card. Scola predicherà tutte le domeniche di qui a Natale, con un’esortazione particolare all’ascolto rivolta alle persone che si sono allontanate dalla fede. “Dio che si fa uomo” è evento “attualissimo”, perché guida “il cammino della nostra vita verso il compimento e la pienezza”.
L’Avvento è stato meno studiato rispetto alla Quaresima, ma non è meno ricco di tradizioni e significato. Colpisce subito la lunghezza rispetto al più breve Avvento romano. Non è stato però il Rito ambrosiano ad allungare, bensì Roma ad accorciare. In origine, infatti, in tutto l’Occidente l’Avvento era di circa 5-6 settimane, ad imitazione del modello orientale, strutturatosi nel IV secolo. S. Gregorio Magno (590-604), nella sua sistemazione generale della liturgia romana, fissò la prassi delle 4 domeniche che conosciamo oggi.
I cristiani del IV-V sec. concepivano l’Avvento come un tempo di meditazione sul Giudizio universale. Una traccia è visibile ancora proprio nella I domenica dell’Avvento ambrosiano: “State pronti, dice il Signore: nell’ora che non immaginate il Figlio dell’uomo verrà” (antifona al Magnificat I vesperi). Lentamente, sull’esempio gallico e romano, l’attenzione si spostò più su una preparazione, a tratti penitenziale, alla festa liturgica del Natale, che commemora la venuta storica di Cristo 2000 anni fa.
L’Avvento ambrosiano si compone quindi di 5 domeniche con i paramenti morello, in cui i due registri teologici sopra ricordati convivono senza eludersi del tutto a vicenda, e di una sesta, solennità della Divina maternità di Maria o dell’Incarnazione, nella quale si legge il brano dell’Annunciazione. Questa festa fu introdotta dopo il concilio di Efeso (431 d.C.), che fissò definitivamente per Maria il titolo di “Madre di Dio”, con il quale si intendeva dire che la Madonna ha fornito una carne umana al Verbo consustanziale al Padre.
La sobrietà dell’Avvento non acquista il tono drammatico della Quaresima. Non ci sono venerdì aliturgici, si omette il Gloria in excelsis, che è il canto degli angeli a Betlemme, ma non l’Alleluia. Se capitano, si festeggiano tranquillamente le memorie dei Santi, a cui sono precluse solo le ferie prenatalizie (17-24 dicembre), un periodo di più diretta preparazione al Natale parallelo alla novena popolare.
Cadono proprio in Avvento le solennità di S. Ambrogio e dell’Immacolata Concezione (7-8 dicembre). Il patrono è festeggiato nel giorno della sua ordinazione episcopale (374 d.C.). La festa dell’Immacolata fu universalizzata nel 1854 da Pio IX al momento della solenne proclamazione del dogma e ben di amalgama con il tempo liturgico, in quanto Maria fu concepita senza la macchia del peccato originale proprio in vista dell’incarnazione di Gesù. Particolarità tutta ambrosiana è la decurtazione del Vangelo del giorno dell’Immacolata: siccome l’episodio dell’Annunciazione si legge già da secoli la VI domenica di Avvento, l’8 dicembre esso viene tagliato subito dopo il saluto dell’angelo, “piena di grazia”.
Il Rito ambrosiano colloca in Avvento la benedizione delle case. Il sacerdote entra nelle abitazioni dei fedeli ad immagine di Gesù bambino. La tradizione fu iniziata da S. Carlo Borromeo durante l’inverno della peste (1576-77), quando il clima non consentiva facilmente le Messe fuori dai luoghi chiusi, come era invece stato ordinato per motivi di sicurezza sanitaria. Cessata la peste, rimase il senso dell’incontro tra pastore e gregge nei luoghi della vita quotidiana.
La settimana di preparazione all’Avvento è stata però caratterizzata, quest’anno, da un brutto episodio. Qualcuno, laNuova Bussola Quotidiana sospetta insegnanti di religione “progressisti”, ha passato a Repubblica il testo di una circolare interna del servizio IRC dell’Arcidiocesi, in cui si chiedeva ai docenti di relazionare circa le iniziative prese dagli istituti sulla tematica del gender. L’intento era “esclusivamente quello di conoscere dagli insegnanti di religione il loro bisogno di adeguata formazione per presentare, dentro la società plurale, la visione cristiana della sessualità in modo corretto e rispettoso di tutti”, come spiega l’excusatio non petita diffusa dall’Ufficio curiale. La stampa tradizionalista ed il Foglio si sono subito scagliati contro la timidezza della reazione curiale, colpevolizzando lo stesso arcivescovo.
Va dato a don Gianbattista Rota, nuovo responsabile IRC, il beneficio del primo caso serio da che è in sella. Il card. Scola preferisce ugualmente precisare, a margine di un incontro in Università Statale, che “la nostra posizione” di cattolici “non implica alcuna omofobia, ma non intendiamo recedervi di un millimetro. Come giusto in una società democratica, noi abbiamo qualcosa da dire circa le conseguenze sociali e la questione dei diritti connessi a questo orientamento sessuale”, e nessuno lo può o lo deve impedire.