Dopo i cardinali Schonborn, Tagle ed O’ Malley, Milano accoglie tra le sue navate John Onaiyekan, arcivescovo di Abuja. Che la tappa del card. Onaiyekan all’interno del ciclo Evangelizzare le metropoli, la serie di presentazioni, in Duomo, delle diocesi al centro del dibattito pastorale contemporaneo, sarebbe stata molto particolare lo si poteva intuire dalla stessa provenienza del relatore. E’ l’arcivescovo della capitale di quella Nigeria attraversata dal fenomeno Boko Haram, la guerriglia islamica che uguaglia, se non supera, il califfato dell’ISIS in ferocia e determinazione. Come il card. Luis Antonio Tagle (Manila) proviene da terre più che floride dal punto di vista della fede popolare. Un popolo tenace, che non viene piegato neppure dalle bombe nelle chiese e dalle stragi.
L’incontro cade, inoltre, pochi giorni dopo che il card. Angelo Scola ha lamentato ancora una volta l’ignavia dell’Occidente di fronte al terrorismo islamico, con parole molto forti:
“Fino a dieci anni fa guardavamo con il nostro atteggiamento borghese a quel che accadeva in Medio Oriente e, seduti sulle nostre belle poltrone col whiskey in mano, dicevamo chi sbagliava e come. (…) Credo che la suonata stia cambiando. Non è detto che il martirio del sangue ci sarà evitato”.
Il card. Onayekan concentra gran parte delle risposte su Boko Haram nella conferenza stampa di lunedì 9 febbraio.
“Boko Haram è una piccola minoranza della comunità islamica nigeriana, ma è un veleno. E come ogni veleno, ne basta una piccola quantità per avvelenare tutto”.
Nelle navate del Duomo, dove il 10 incontra il clero ambrosiano alla mattina ed il laicato alla sera, preferisce tracciare un panorama generale della Cristianità africana, dalle origini fino ai giorni nostri, fornendo particolari interessantissimi su come l’Africa guarda alla Chiesa cattolica.
Il Cristianesimo si impiantò su un terreno ricco, le cui vicende storiche sono in gran parte sconosciute in Europa. “La Storia dell’Africa non si legge su documenti, ma è antica come l’umanità. C’è stata inoltre la civiltà egiziana, che era una civiltà pienamente africana perché si estendeva molto più a sud di oggi, fino all’Etiopia”
ed il suo influsso riecheggia nelle religioni tradizionali africane, classificate sui libri occidentali come “animismo” facendo pensare erroneamente che si tratti di una forma di politeismo. L’arcivescovo rivela che in realtà gli africani sub-sahariani concepiscono fin dall’Antichità l’idea che esista un dio solo, a cui affiancano spiriti intermedi.
Il Cristianesimo si incistò su questo sfondo. Il card. Onayekan ricorda il nome di “grandi imperi cristiani” d’Africa di cui si sa ancora troppo poco. La costa mediterranea ha dato personaggi come Atanasio ed Agostino, del quale ci tiene a ricordare che si convertì proprio a Milano grazie al “vostro S. Ambrogio”. Sebbene l’evangelizzazione più solida sia venuta nell’Ottocento, in contemporanea con il Colonialismo, i vescovi africani amano riferirsi anche a quelle lontanissime radici. A proposito del Colonialismo, esso ha portato anche aspetti positivi, come la “pace per evangelizzare”, finita subito dopo la Decolonizzazione.
L’Islam, in Africa, è giunto nel VII secolo con l’avanzata araba sulla costa settentrionale. E’ penetrato nel Sahara militarmente, ma ha raggiunto i territori meridionali soprattutto nelle casse dei mercanti. Boko Haram, fenomeno recente, va visto in parallelo con Al-Shabaab in Somalia, comunque come qualcosa di estraneo all’ethos locale. Oggi Boko Haram ha perso completamente la trebisonda ed attacca tutti. Questo i musulmani locali lo capiscono, ma l’arcivescovo li sprona continuamente a prendere le distanze perché il terrorismo si batte facendo fronte comune come popolazione.
Sebbene oggi la Chiesa nigeriana abbia una quasi totalità di vescovi e presbiteri africani, essa si commuove ancora leggendo la vita dei missionari europei falcidiati dalla malaria. I cattolici africani conservano la più totale gratitudine verso chi ha portato loro il Vangelo. Dalla visita pomeridiana alla tomba di S. Ambrogio, nell’omonima basilica, il card. Onayekan deduce questo pensiero incoraggiante:
“Venendo in Europa, penso sempre alla vostra grande eredità cristiana. Tutti quei testimoni rimangono con noi, pertanto non sono pessimista sul futuro della Chiesa in Europa. E’ impossibile che comunità come le vostre, con così tanti santi, finiscano. Gesù rimane lì, sul trono” della sua regalità indefettibile.
“E coi musulmani che vengono qui, come ci dobbiamo comportare?”, chiede il moderatore, mons. Luca Bressan. L’arcivescovo di Abuja sorprende tutti: “i musulmani non sono impossibili da convertire. (…) Riconosciamo che è Dio a donare la grazia di convertirsi. Ogni generazione ha qualcosa da fare”.
Mette piuttosto in guardia dall’isolare gli immigrati africani cattolici, che non riescono ad integrarsi nelle parrocchie milanesi e cadono spesso preda dei pentecostali. Quello del pentecostalismo per Onayekan è un pericolo serio/relativo, perché propaganda un miracolismo immediato ed irrazionale, ma non ha radici, per cui attira (anche in Nigeria), ma non ha profondità. “I loro fondatori (delle Chiese pentecostali) sono ancora in vita, gestiscono le comunità come una proprietà privata e non si sa come andrà a finire dopo di loro”.
Le numerose vocazioni cattoliche in Nigeria non dipendono dalla miseria, come spesso si crede in Occidente. “Chi cerca una vita agiata dopo un po’ se ne va. Tanti seminaristi vengono dalle classi alte. La vocazione è opus Dei e preparazione alle grandi sfide”.
I vescovi nigeriani hanno fondato la Missionary Society of St.Paul, una congregazione che manda sacerdoti perfino in Svezia. Il card. Onayekan spiega che la pratica religiosa viene del tutto naturale all’africano: se credi, pratichi e ci si richiama vicendevolmente alla coerenza.
Michele Brambilla