La settimana che comincia il 2 novembre, ricorrenza dei Defunti, è carica di memorie care al popolo ambrosiano autentico. Due giorni dopo, il 4 novembre, è la solennità di S. Carlo Borromeo, compatrono di Milano e della sua arcidiocesi.
Un tempo tutta la città si fermava. Segno eloquente della devozione dei milanesi al compatrono sono i “quadroni” di S. Carlo, realizzati entro la canonizzazione del santo (1610). Già nell’Ottocento il 4 novembre divenne giorno feriale, poiché i Savoia vietarono il culto cattolico esterno ai templi e quindi le processioni tradizionali. Il Novecento, i ritmi lavorativi ed il sovrapporsi di altri eventi (fine della Prima guerra mondiale) ridussero ulteriormente la priorità della festa. I milanesi si concentrarono ancora di più, per forza di cose, sul patrono principale, S. Ambrogio (7 dicembre), che nessuno osava giustamente toccare.
Nella lettera d’invito al pontificale del 4 novembre, presieduto come sempre dall’arcivescovo card. Angelo Scola, il vicario generale mons. Mario Delpini riconosce: “La ricorrenza della memoria liturgica di San Carlo è una occasione propizia e forse troppo trascurata per ricordare la figura e il ministero di un santo Vescovo che ha lasciato una traccia persistente nella nostra Chiesa”.
A ben vedere l’opera di S. Carlo si è fortemente radicata nella prassi pastorale diocesana. Seminari, parrocchie, oratori, santuari, traslazioni di reliquie e lazzaretti costituiscono un’eredità vivente duratura. Tutti gli arcivescovi successivi si sono dovuti misurare con l’esempio del Borromeo. Tuttavia è indubbio che il Novecento abbia sradicato molte memorie precedenti e creato nuovi “miti” anche tra i cattolici milanesi, spesso attorno a figure polarizzanti. Si deve ormai parlare di “memorie” al plurale, talvolta configgenti, soprattutto attorno ai decenni che ci precedono immediatamente, la cui ricostruzione storica è stata talvolta affidata a personaggi equivoci, lontani anni luce dalle logiche ecclesiali ed intenzionati a far prevalere solamente le proprie idee.
La memoria dei giovani cattolici ambrosiani spesso non va più indietro del 1980. Ecco perché mons. Delpini ritiene che sia necessario riscoprire a livello diocesano una figura, quella di S. Carlo, che “in un contesto drammatico (…) è stato un riferimento per la comunità cristiana e (…) ha sostenuto il cammino della gente del suo tempo, nella persuasione che un mondo nuovo e una Chiesa fedele alla sua missione possano nascere dalla parola evangelica, dalla potenza del Crocifisso, dalla santità del clero e dalla devozione illuminata del popolo cristiano”.
Il 29 ottobre il card. Scola sale a Venegono Inferiore per la Messa di inizio anno accademico del Seminario arcivescovile. Alle 11.00 del giorno dopo presiede in Duomo a Milano la Messa del centenario della morte di S. Luigi Guanella (1842-1915), amico del nostro card. Andrea Carlo Ferrari (1894-1921). Altre occasioni per purificare la memoria. Il card. Scola dice in quella celebrazione:
“Gesù stabilisce un legame molto forte tra Lui ed ogni uomo ed ogni donna. (…) Gesù allarga la famiglia “di sangue”, dà un respiro universale. Coloro che si dedicano a Dio ed agli altri (…) sono chiamati a perpetuare questa nuova famiglia”. S. Carlo ha venduto persino il suo feudo per essere più simile a Gesù. Ricorda alla Milano di oggi che, al di là della propria appartenenza di corrente o associativa, Cristo “è l’unico necessario”.
Michele Brambilla