L’arcidiocesi di Milano, nella sua varia composizione, partecipa tramite i suoi delegati al convegno ecclesiale di Firenze (9-13 novembre), che arriva quasi 10 anni dopo quello di Verona (2006) presieduto da Benedetto XVI. Il tema del congresso 2015, In Gesù Cristo il nuovo umanesimo, è molto caro al nostro arcivescovo, card. Angelo Scola, che lo ritiene “profondamente attuale” vista la temperie politico-culturale che sta attraversando il Paese.
“Nell’occasione di questo incontro dobbiamo mostrarci tentativamente capaci di dare ragioni, fatti, esperienze, che testimonino che l’io in relazione, appunto la questione del senso, mantiene tutto il suo peso”.
La gente non ha smesso di farsi le grandi domande, ma ci sono condizionamenti pesanti a livello sociale che cercano di soffocare una vera ricerca interiore.
La Chiesa deve saper rispondere ripartendo dal suo fondamento, Gesù Cristo, il quale fuga dal nuovo umanesimo le ombre rivoluzionarie che ebbe il precedente storico.
“La nostra fisionomia europea può (…) bloccarci riguardo alla categoria dell’umanesimo, ma la sfida di Firenze, almeno in Europa, significa questo: noi siamo solo il nostro esperimento?”.
Vale a dire: l’Europa coincide esattamente con il processo di laicizzazione innescato nel Rinascimento? Ovviamente c’è molto altro ed il congresso, convocato nella città di Dante (1265-1327), cioè nel luogo in cui maturò una delle massime testimonianze dello spirito della Cristianità medievale, viene appositamente a rilanciarlo.
Il card. Scola è presente, con tutti i confratelli vescovi, nella cattedrale di S. Maria del Fiore il 10 novembre, quando Papa Francesco mette in guardia da due pericoli, che sono sia dottrinali che pastorali, il “pelagianesimo” e lo “gnosticismo”. Pelagio, monaco del V sec., riteneva che l’uomo si salvasse unicamente tramite le opere, mentre gli gnostici (II-III sec.) si chiudevano in circoli iniziatici radicalmente spiritualizzati, separandosi dai fedeli comuni. Nell’arcidiocesi di Milano si è storicamente corso di più il primo che il secondo rischio, enfatizzando i piani pastorali e le strutture, ma, soprattutto in questi decenni, non si è stati immuni neppure dalla tentazione dei “circolini” e dai conflitti tra fazioni teologiche. Don Alberto Cozzi, preside dell’Istituto di Scienze religiose, racconta che un giorno in Seminario, nel pieno dell’episcopato del card. Carlo Maria Martini (1979-2002), un gruppo di chierici si era talmente innamorato del metodo della lectio divina da voler tralasciare l’oratorio. Quei seminaristi si sentirono giustamente rispondere: “E’ come volere il lievito senza la pasta da
far fermentare”.
Il modello che l’arcivescovo propone a tutti è padre Augusto Gianola (1930-60), missionario del PIME nativo di Lecco che il card. Scola conobbe di persona. Il prelato per amore di apostolato non disdegna neppure l’invito del Corriere della Sera, giornale assai schierato in tema di Chiesa. Le calde e sempre molto realiste parole dell’arcivescovo sulla necessità di una integrazione e di una convivenza vengono crudelmente spente dai nuovi fatti di Parigi. Anche Milano sperimenta il terrore a causa dell’accoltellamento, giovedì sera, di un ebreo ortodosso in via S. Gimignano. La Curia assicura subito la sua solidarietà agli Ebrei milanesi, ma non torna indietro sulla via del dialogo con le altre religioni.
Poiché la pluriformità non si tiene senza l’unità, ma la Chiesa non è una caserma napoleonica, anche quest’anno il card. Scola affida la cura delle Messe celebrate in Duomo nelpomeriggio delle domeniche di Avvento ai movimenti. Il 15 novembre è già il turno di Alleanza Cattolica, presente tramite i suoi militanti e diversi simpatizzanti.
Michele Brambilla