Non poteva che essere la Misericordiae vultus a contrassegnare un discorso di S. Ambrogio che si colloca temporalmente alla vigilia del Giubileo, essendo pronunciato il 4 dicembre. Il card. Angelo Scola usa come linee guida proprio due parole che ricorrono nella bolla papale, misericordia e giustizia.
Benché il Giubileo sia incentrato sulla misericordia, i milanesi del 2015 sentono fortissimo l’imperativo della giustizia, intesa non solo come rapporti sociali, ma anche come retribuzione del male manifesto, come annota l’abate di S. Ambrogio, mons. Erminio De Scalzi. “Veniamo da giorni difficili e tristi, segnati da avvenimenti che ci hanno ferito profondamente”.
Il card. Scola comincia proprio dal pericolo del terrorismo islamico:
“L’aggravarsi del terrorismo islamista e il peso che va assumendo, anche per l’Europa, non cambiano il carattere strutturale del “meticciato di culture e di civiltà” che le migrazioni presentano. L’attuale e imponente fenomeno migratorio presenta certi aspetti di emergenza, ma è già – e lo sarà sempre più – un fenomeno strutturale”.
L’arcivescovo non dimentica che il fenomeno migratorio comprende in maniera crescente popoli cristiani, che ci portano un altro modo, spesso molto più entusiastico, di vivere la medesima Fede. Vuole che il fenomeno sia trattato nella sua profondità. L’arcidiocesi di Milano ha intrapreso fin da luglio un programma di inserimento dei profughi a piccoli gruppi, ma per rendere efficace la propria opera ha posto delle regole ferree, tra le quali il divieto di accampamenti improvvisati nelle strutture pastorali e la verifica delle ripercussioni sulla comunità locale.
La dittatura del relativismo e del desiderio elevato a diritto è posta sullo stesso piano del pericolo islamista e dell’epocale emergenza profughi.
“A nessuno può sfuggire che le rivendicazioni di diritti, di libertà e di risorse da parte dei diversi attori sociali oggi non sono affatto univoche. Le istituzioni sociali e politiche se ne trovano di fronte di assai disparate e spesso in contrasto tra di loro. Come si tenta di rispondere a questo stato di cose? Riducendo sempre più le politiche a mera richiesta di diritti: la nostra società sta progressivamente passando da un sistema uniforme di diritti e doveri a un insieme di “pretese” individuali giuridicamente riconosciute e tutelate”.
Sono entrambi ferite di un tempo in cui si persegue instancabilmente la frammentazione degli individui e delle società.
Come reagisce la Chiesa? Anzitutto ammonendo che la ricostruzione di una società non è compito dalla resa immediata.
Un primo passo è “partire dal bene pratico dell’essere insieme come terreno base per una costante, tenace reciproca narrazione in vista di un comune riconoscimento”.
L’idea di un reciproco riconoscimento implica un dialogo tra identità definite, pregiudicando ogni tentativo di mimetismo del tipo visto a Rozzano. La tradizione cattolica dell’Italia traspare anche nella legislazione civile, proprio quella che alcuni vorrebbero piegare ad un impossibile snaturamento in senso laicista.
“Il Cristianesimo ha esercitato sul sistema delle leggi che ci viene offerto dall’ordinamento costituzionale italiano. Il principio personalista, su cui è improntata la nostra Costituzione, considera l’uomo nelle sue relazioni costitutive, in seno alla famiglia e alla società. Il punto di partenza non è l’individuo isolato, né una visione contrattualistica delle sue azioni, ma la persona nella sua strutturale apertura all’altro come parte dello stesso corpo sociale, dotata ab origine di diritti, ma anche di doveri”.
Significa soprattutto ridare alle parole “perdono” e “misericordia” la loro precisa fisionomia cristiana.
“Cos’è infatti il perdono di Dio manifestato in Gesù? Non è il far finta di nulla, il non vedere il male, il lasciar correre, il ritenere che non sia successo nulla, ma piuttosto il salvare mediante la forza dell’amore avendo chiara la coscienza del male e della sua forza distruttiva. Chi perdona vede bene la gravità del male subito e non lo sottovaluta in alcun modo: piuttosto non cessa di amare chi lo ha commesso”.
Questo scuote nuovamente indolenzendo i cattolici ambrosiani.
“Sia come fedeli, sia come cittadini della metropoli milanese, non possiamo esimerci dall’essere testimoni, dall’auto-esporci, soprattutto in questi tempi minacciosi, affinché queste due dimensioni”, giustizia e misericordia, “fioriscano attraverso le virtù teologali di fede, speranza e carità e quelle cardinali di giustizia, prudenza, fortezza e temperanza, generando comunione nella Chiesa e autentica filìa (amicizia) nella società civile”.
Michele Brambilla