Il Giubileo ha già aperto le porte di Bangui e di Roma. Il 13 dicembre è la data inaugurale del Giubileo della Misericordia nelle diocesi. Il card. Angelo Scola apre la porta santa del Duomo, mentre i vicari episcopali compiono in medesimo rito nelle 9 chiese giubilari. In tutte le parrocchie i sacerdoti aspergono i fedeli secondo la forma prevista ordinariamente dal Messale Ambrosiano per ogni Messa, ma con una valenza maggiorata dalle circostanze. Un gesto penitenziale che bene si adatta, infatti, ad un Giubileo incentrato sul Sacramento della Confessione.
Il giovedì immediatamente successivo alla festa dell’Immacolata l’arcivescovo in persona spiega in una conferenza stampa le iniziative previste a livello milanese per il Giubileo. Purtroppo deve anche comunicare che il Papa ha rimandato di un anno il viaggio a Milano, previsto originariamente il 7 maggio 2016, tuttavia questo non smorza gli entusiasmi e modifica di poco il programma di iniziative già avviato.
Al card. Scola importa soprattutto la chiarezza nella comunicazione. In proposito, sfida i giornalisti presenti a parlare di cose “alte”:
“C’è una concezione per cui si pensa che, sui giornali, non si possa parlare di alcuni temi, come per esempio la Trinità. Aiutateci, in un momento di grande prova come questo, a far passare l’idea profonda di una misericordia che tocca il cuore di ogni uomo, perché questo Dio ci ama così tanto da ottenere il miracolo della nostra libertà, che si impegna a riconoscere il peccato e invoca il perdono”.
Giubileo vuol dire, quindi, saper anche spiegare con proprietà i misteri della Fede. L’arcivescovo non si nasconde che, su 5 milioni di battezzati ambrosiani, tanti non sono praticanti. L’invito del Giubileo è anche e soprattutto per loro.
“Questa straordinaria possibilità non è solo per i cristiani, (…) ma è conveniente per gli uomini delle religioni e anche per chi dice di non poter credere. Stiamo vivendo non un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca e, dunque, accedere a questo tempo con l’aiuto dello sguardo amante di Dio, in un tentativo comune di comprendere il presente, (…) si fa invito a compiere questo gesto, ognuno, naturalmente, con le proprie modalità. È un’occasione straordinaria di crescita anche per la società civile”.
Non a caso la porta santa selezionata per il Duomo è la prima a sinistra sulla facciata, opera dello scultore ebreo Arrigo Minerbi (1937) su commissione del beato card. Schuster, in un momento in cui soffiava il vento delle leggi razziali (1938). La porta fu completata nel 1948, l’anno delle elezioni che fugarono il pericolo comunista (18 aprile). L’iconografia della porta, come negli altri portali minori della cattedrale, ricostruisce alcuni episodi della Storia di Milano, precisamente l’editto di Costantino (313), che proclamò, per la prima volta nella Storia, il diritto alla libertà religiosa. Quella libertà che Hitler avrebbe presto negato agli Ebrei e che i comunisti già da tempo (1917) negavano nell’URSS ad ogni comunità etnica e religiosa. La porta scelta come porta santa è quindi doppiamente appropriata: ricorda sia la “Milano meticcia”, in cui tutti sono ospiti e chiamati alla salvezza in Cristo, che la Milano di sempre, fieramente radicata in un’identità imprescindibilmente cristiana.
Michele Brambilla