Pure il card. Angelo Scola scende a Roma nei giorni precedenti il Family Day del 30 gennaio, per ben due motivi. Il primo è l’assemblea generale della Cei, durante la quale condivide la presa di posizione contro il ddl Cirinnà. Il secondo è spiegabile con un’antica vicenda ambrosiana.
Nel 2015 ricorrevano infatti i 50 anni della nuova sede del Pontificio Seminario Lombardo. L’istituzione, oggi guidata da mons. Ennio Apeciti, ebbe i suoi prodromi nel 1860 come collegio destinato, per volere del beato Pio IX (1846-78), a formare preti inizialmente solo milanesi, ma di sentimenti più vicini alla corrente intransigente nei confronti del Risorgimento. Pio XI (1922-39), antico alunno del collegio, volle trasferirlo nei pressi della basilica di S. Maria Maggiore. L’11 novembre 1965 il beato Paolo VI inaugurò la sede attuale, posta di fronte alla chiesa. Papa Francesco concede il 26 gennaio 2016 un’udienza speciale al Seminario Lombardo.
Francesco, presenti il card. Scola e mons. Apeciti, rievoca i patroni del seminario, S. Ambrogio e S. Carlo Borromeo:
“Cari amici, siete eredi e testimoni di una grande storia di santità, che affonda le radici nei vostri patroni, i Vescovi Ambrogio e Carlo, e in tempi più recenti ha visto, pure tra gli alunni, tre Beati e tre Servi di Dio. È questa la meta a cui tendere! (…) San Carlo desiderava Pastori che fossero servi di Dio e padri per la gente, soprattutto per i poveri. Ma, ci fa sempre bene ricordarlo, può annunciare parole di vita solo chi fa della propria vita un dialogo costante con la Parola di Dio, o, meglio, con Dio che ci parla”.
Dall’inizio di gennaio l’arcivescovo di Milano incontra tutti i sacerdoti ambrosiani, divisi per classe di ordinazione, nella cornice del centro pastorale di Seveso (ex-Seminario Minore). L’argomento principale è come essere preti nella metropoli oggi, ma la discussione cade inevitabilmente anche sul numero delle vocazioni sacerdotali. I seminaristi sono normalmente frutto di ambienti in cui la “vita buona” di cui parla il card. Scola si respira naturalmente. La stragrande maggioranza dei chierici a Roma o a Venegono ha dietro di sé la più classica famiglia scaturita in oratorio, in un ambiente che ha saputo educare alla bellezza della prospettiva cristiana.
L’arcivescovo, conscio che i valori della Fede e la legge naturale vadano ormai ri-spiegati anche in casa cattolica, alla vigilia del Family Day difende a spada tratta il diritto dei credenti a far sentire la loro voce in piazza (“Scandalizzarsi perché cittadini manifestano è profondamente sbagliato”) e riguardo ai diritti degli omosessuali addita, senza fare nomi, la prospettiva indicata all’ipotesi Sacconi-Pagano:
“Anzitutto bisogna evitare che l’istituto familiare, che ha una sua identità e fisionomia precisa, venga non solo sminuito ma anche offuscato da nuove leggi. Questo non significa non riconoscere alla persona omosessuale i diritti che devono essere oggettivamente dati. Questi diritti però devono andare anzitutto alla persona, il più possibile, e garantire la persona stessa. E molti di questi diritti sono già identificati dalle leggi vigenti”.
Anche per il card. Scola la soluzione giuridica non può quindi passare dal fanta-diritto.
MIchele Brambilla