Nell’arco di pochi giorni il Duomo vede alternarsi la commemorazione solenne dell’11° anniversario della morte del servo di Dio mons. Luigi Giussani e l’intitolazione, da parte del Comune di Milano, dell’antica via dell’Arcivescovado al card. Carlo Maria Martini.
Il card. Angelo Scola parla, la sera del 16 febbraio, ad una CL che a tratti sembra essersi smarrita in un conflitto interno sull’interpretazione da dare all’apostolato pubblico del movimento. L’arcivescovo rimette davanti agli occhi di tutti l’oggettiva condizione dell’uomo contemporaneo.
“L’uomo non è più capace di guardare né l’altro, né la realtà tutta secondo la loro verità; la sua condizione di creatura finita cessa di essere apertura al dono del Creatore; il suo abitare il mondo si fa sospettoso, ostile e spesso predatorio”.
L’ultima cosa che bisogna fare, in questa situazione, è retrocedere e dividersi.
“Nella memoria di Cristo c’è la fonte inesauribile della comunione e della missione, di quella comunione vissuta che è sale della terra e luce del mondo. (…) La bellezza imprescindibile dell’unità si esprime, come ci domanda papa Francesco, nel vivere per la missione, nel vivere donando la vita, nel vivere per la gloria del Padre. Questa è la strada che il Signore ci spalanca davanti come via al compimento della persona e della comunità. Non c’è né tempo né spazio per altro, più che mai oggi”, quando il mondo deve riscoprire la bellezza di “un’autorità sempre tesa al servizio della memoria di Cristo, proprio a garanzia della verità dell’origine”.
Don Giussani lo sperimentò anche con il card. Martini, con il quale finì talvolta per scontrarsi, ma condivise pure molti momenti belli, come il riconoscimento dei Memores Domini.
La giunta arancione di Giuliano Pisapia è certa di commemorare, il 21 febbraio, il “cardinale del dialogo”, amico di Eugenio Scalfari e di Vito Mancuso. I credenti, però, ricordano che il card. Martini, quando era ancora lucido ed in forze, affermò:
“ogni volta che si è rifiutato Dio (…), ci si è incamminati verso forme più o meno larvate di decadenza dell’umano e di decadenza della stessa convivenza civile” (S. Pietroburgo 1988).
Sono diversi gli elementi in gioco che non combaciano con la vulgata “progressista”. L’arcivescovo defunto spronò le parrocchie a studiare la bioetica e ad educare i ragazzi alla “ricerca della verità come esigenza di ogni cultura che voglia essere libera dai condizionamenti ideologici e politici” (Sinodo 47° della Chiesa ambrosiana), nel 1993 sottoscrisse una dichiarazione comune dei vescovi lombardi contro aborto ed eutanasia (Scriviamo a voi, popolo per la vita), iniziò le manifestazioni a difesa della scuola paritaria e licenziò in tronco un professore di religione che rivendicava per lettera la sua militanza omosessuale.
Questo ammonisce ancora una volta che la Storia è complessa, come la figura del card. Martini secondo il suo attuale successore, e che la Chiesa è davvero la migliore custode della propria memoria.
Michele Brambilla