Non appena eletto, il neosindaco Giuseppe Sala si precipita a chiedere udienza all’arcivescovo di Milano. Un gesto in apparente controtendenza rispetto all’incipit del mandato di Giuliano Pisapia, che, ci si ricorderà, esordì, in prossimità della visita di Benedetto XVI alla città (1-3 giugno 2012), ostentando il proprio ateismo e dicendo che per lui il Papa ed il Dalai Lama si equivalevano.
La conferenza stampa che segue vede Sala elogiare il mondo cattolico per la sua presenza educativa e caritatevole.
“I livelli di collaborazione sono alti. C’è certamente il tema fondamentale del sostengo e della lotta alla povertà per cui concordiamo che le risorse e le attenzioni debbano essere sempre maggiori per creare opportunità e per trovare lavoro”.
Da parte sua, il card. Angelo Scola dichiara che la Chiesa rivendica nell’agone pubblico la sua parte “di rispetto reciproco e di concorso comune a far sì che la città e l’autorità civile che la guida possano progredire” nel perseguire il bene comune, poiché “è nelle scuole, nei quartieri e negli oratori che avviene la conoscenza reciproca e l’integrazione” dei vari soggetti. In proposito, in campagna elettorale Sala aveva infastidito non pochi “compagni” rassicurando le scuole paritarie ed esprimendo stima anche per le realtà della Compagnia delle Opere.
Tra i primi atti del nuovo sindaco si conta, però, l’avviamento di un centro “contro l’omofobia”, che è tutto un programma rieducativo nel senso di quel gender che l’arcivescovo ha appena denunciato come la peggiore emergenza che incombe sui ragazzi.
Si comprendono allora i toni, profondamente realisti, dell’analisi che è stata diffusa in settimana da mons. Luca Bressan, tra le altre cose responsabile del Coordinamento dei movimenti e delle associazioni riconosciute dall’Arcidiocesi, latore di un documento molto puntuale alla vigilia del voto.
“La campagna elettorale ci ha consegnato volti, slogans, affermazioni di principio, ma non ci ha aiutato a costruire il racconto della Milano che stiamo vivendo, della città metropolitana che siamo chiamati ad accompagnare nella nascita e nella crescita. L’offerta politica ci ha aiutato poco a vedere con quali corpi, strumenti e azioni riusciremo a riscrivere quel legame quotidiano di intraprendenza, accoglienza e solidarietà che ha permesso alla Milano del secondo dopoguerra di rinascere e avviare una fase di espansione e crescita economica e sociale”.
Oggi è lampante che la nuova giunta continuerà a sostenersi sulle medesime lobby ed elites sociali che contraddistinguevano la precedente amministrazione. Lo indica anche lo scarto minimo tra i 2 candidati, in un contesto di forte astensionismo. Interi settori, marginalmente intercettati durante la campagna elettorale, rimarranno inespressi all’interno della nuova compagine. Soprattutto è leggibile il rammarico della Milano autenticamente cattolica, che può contare ancora una volta su pochi rappresentanti affidabili. Gli slogan sulla solidarietà e l’accoglienza non possono coprire, come avverte il card. Scola, la necessità di una sorta di “piano Marshall” che sia davvero uno sguardo complessivo, e non ideologico, sulla contemporaneità.
Michele Brambilla