La mattina del 19 novembre il card. Angelo Scola, con buona parte della Curia arcivescovile e moltissimi fedeli, scende a Roma in occasione del concistoro in rubro indetto da papa Francesco. Non si presenta in Vaticano semplicemente per abbracciare, come vuole la tradizionale cortesia, i nuovi membri del collegio cardinalizio, che dopo la cerimonia in S. Pietro tengono, di norma, un ricevimento per amici, parenti e diocesani. Tra i cardinali ultraottantenni compare infatti mons. Renato Corti, oblato missionario di Rho.
Gli oblati, istituiti da S. Carlo Borromeo, aiutano l’arcivescovo nella cura pastorale con un particolare voto di obbedienza, simile a quello che i gesuiti hanno verso il Papa. Uomo schivo e di meditazione, mons. Corti ha sempre rifiutato le luci della ribalta, tuttavia è stato presto coinvolto in incarichi di responsabilità. Nato a Galbiate nel 1936 e ordinato sacerdote il 28 giugno 1959, smise presto di essere un semplice prete d’oratorio per scalare i gradi accademici sia nel Collegio arcivescovile di Gorla che nel Seminario minore di Saronno. Nel 1980 si ritrovò, con sua grande sorpresa, vicario generale dell’arcidiocesi ambrosiana.
L’attuale abate di S. Ambrogio, mons. Erminio De Scalzi, rievoca il modo con cui furono gli amici ad “incastrarlo”. “In quel momento, tutti i sacerdoti avevano manifestato il loro parere: Martini fece la scelta felicissima di Corti e, inoltre(…), disse che sarebbe stato bello se il Vicario generale avesse potuto vivere in comunità con l’Arcivescovo”. Cominciò così una lunga convivenza tra segretari e curiali, fino a che mons. Corti non fu nominato vescovo di Novara (1990-2011). Ricevette incarichi anche presso la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, la CEI e la Conferenza episcopale piemontese. Il motto episcopale è il celebre Cor ad cor loquitur di John Henry Newman, autore caro assieme al beato Antonio Rosmini.
Ora la nuova sorpresa del cardinalato, tra gli ultraottantenni.
“Stamattina, pregando, consideravo qualche aspetto che mi sembra significativo per quanto riguarda diventare Cardinale. Una prima cosa rilevante è il colore rosso che rimanda al sangue, ai martiri”. Questo, come l’esempio di coloro che ricevono la porpora accanto a lui, lo porta a chiedersi: “sempre stamattina, nel pregare, mi sono soffermato su alcune persone che sono state nominate Cardinali: per esempio il prete albanese che ha fatto ventotto anni di carcere sotto il regime di Hoxha, in Albania. Mi sembra molto significativo, così come mi sembra molto bello che siano stati nominati il Nunzio apostolico in Siria e l’Arcivescovo di Bangui. Naturalmente queste figure molto significative mi conducono a dire: sì, ma tu sei significativo di che cosa?”.
Risponde alla domanda il card. Scola. Il card. Corti rimane “ancora oggi prezioso e riservato collaboratore dell’arcivescovo”. L’umiltà è preziosa, ma non basta. Nel 2015 mons. Corti aveva predicato gli esercizi spirituali alla Curia romana. Ancora una volta a pesare deve essere stata la cultura e l’eloquenza, nascosta sotto il carattere schivo dell’interessato. Il cardinalato senza reale funzione elettiva in conclave equivale davvero ad un dono gratuito, che non pretende in alcun modo il contraccambio.
Michele Brambilla