Il card. Angelo Scola dedica il discorso di Sant’Ambrogio all’ormai conclamata crisi della UE. Crisi di rappresentanza, poiché le élites al potere hanno eroso la fiducia dell’Europa dei popoli, specialmente quella che si riconosce ancora nei valori della tradizione cristiana.
Ecco allora le battute d’arresto del “sogno” europeo, dalla Brexit alla vittoria del No al referendum costituzionale. “Si ha la sensazione – bisogna riconoscerlo anche se è francamente allarmante – che l’Europa, e in essa Milano, si trovi ad affrontare emergenze per le quali non sembra avere sufficiente pensiero, né forza politica”, poiché dominata dal non-pensiero nichilista.
Ovviamente non tocca al pastore prendere decisioni dirette in campo civile. L’intento dell’arcivescovo è, come sempre, “collaborare all’edificazione di una società della vita buona, che abbia nella libertà il suo emblema”, ma già in questo piccolo accenno comincia a porre quelle che per la dottrina della Chiesa sarebbe un’ottima formula di rinascita per l’Europa, all’insegna della dottrina sociale della Chiesa.
La parola deve tornare dalle elites anonime al popolo in carne ed ossa. “Se infatti politica è essenzialmente gestione del potere, oggi non solo le forme tradizionali di tale gestione sono divenute problematiche (in tutto l’arco del rapporto partiti-Stato), ma la stessa collocazione del potere è divenuta incerta. I luoghi del potere sono oggi più diffusivi, meno identificabili, più anonimi”, proprio per questo più distanti, pur continuando ad essere estremamente pervasivi.
L’idea di una unità europea, così come pensata dai padri fondatori degli anni ’50, rimane per il card. Scola non solo ancora valida, ma “una vera e propria necessità” di fronte a sfide come l’immigrazione. Dipende, però, come la si applica. L’arcivescovo auspica un’unione che preservi l’identità e le prerogative di popoli e Stati membri. “È necessaria una nuova visione dell’Europa che, da una parte, valorizzi quella molteplicità culturale che da sempre la caratterizza e, dall’altra, permetta agli stessi Stati di ritrovare la necessaria unità”. L’ideale deve riemergere dal reale. “Siamo chiamati a partire dalla realtà, nelle sue urgenze concrete”.
“In una società plurale, per sua natura tendenzialmente conflittuale, la laicità è tale solo se crea le condizioni per garantire la narrazione di tutti i soggetti personali e sociali che la abitano”. Proprio per questo il card. Scola, pochi giorni dopo la legge francese che imbavaglia i siti pro-life, si fa portavoce di un’accorata difesa della libertà di coscienza, “che costituisce un baluardo della democrazia, permettendo di evitare ogni deriva utopica, ultimamente sempre totalitaria”, come ha mostrato l’ideologia gender. “A un tale compito i cristiani dovranno essere disposti a collaborare secondo la logica della testimonianza che non esclude il martirio”. L’anno di padre Hamel si chiude in Europa ricordando la possibilità che anche il laicismo uccida. Mediaticamente, se non fisicamente.
Michele Brambilla