La mattina del 14 gennaio l’arcidiocesi di Milano ospita nella sala convegni della Curia il convegno “Clicco, quindi educo. Genitori e figli nell’era dei social network”, che tocca quello che è un autentico nervo scoperto della società contemporanea, ovvero la facilità con il quale si sta abbassando l’età della confidenza con le nuove tecnologie informatiche, prima ancora di essere in grado di discernere consapevolmente il proprio operato.
“Vorremmo partire dall’idea che i nativi digitali non esistono”, ma solo bambini a cui vengono messi in mano strumenti potentissimi e che si riempiono la bocca di vocaboli specifici, di cui non sono spesso capaci di spiegare il significato. “È vero che un ragazzo di 10-12 anni è molto più bravo a configurare una nuova app sullo smartphone, ma se gli chiediamo cosa sta facendo non lo sa, non sa se è su internet, se sta usando un motore di ricerca, dove vanno le informazioni e da dove arrivano”. A 12 anni tantissimi, contraffacendo la data di nascita, hanno già un profilo Facebook, oppure muovono i primi passi nella carriera di youtuber, con tutte le conseguenze del caso per quanto riguarda l’esposizione mediatica della propria figura nel pericoloso mare magnum della rete.
“I ragazzi avranno più esperienza dal punto di vista tecnico, ma ci sono molti altri aspetti, soprattutto di contesto, molto più importanti. La tecnologia passa, ma le nostre competenze di utilizzo, di relazione con gli altri e di buona gestione delle informazioni saranno sempre valide”. In particolare, essere invasi in così tenera età da una marea di informazioni provoca, di riflesso, un abbassarsi della soglia del pensiero critico e questo, in tempi di gender e manipolazioni mediatiche, è l’anticamera del plagio.
Occorre quindi riscoprire, nell’educazione, la parola “discernimento”. Intendiamo esattamente la tradizionale pratica ignaziana, che comincia dal distinguere i due stendardi, quello di Cristo e quello del demonio (Esercizi spirituali, seconda settimana, par. 91 e sgg.).
Genitori, insegnanti e sacerdoti di fronte alle scelte ed alle preferenze dei propri ragazzi devono tornare a visualizzare, con la composizione di luogo, i due campi in cui si gioca l’esistenza di un uomo e verificare se quanto osservano nella quotidianità del giovane corrisponde o meno alla bandiera del Bene, per poi passare alle regole del discernimento degli spiriti vero e proprio, troppo banalizzato nella classica immagine catechistica dell’angioletto e del diavoletto sulle spalle di chi deve attraversare un bivio.
L’elezione, a quel punto, sarà davvero “considerare con occhio puro e semplice per quale fine siamo stati creati” (par. 169), sia nelle “cose grandi” (es. la vocazione di una vita), sia, come nel caso in specie, nel comprendere quali contenuti scaricabili da internet mi siano davvero utili per progredire spiritualmente ed umanamente.