La ricorrenza di S. Giovanni Bosco (31 gennaio), carissima a tutti coloro che nella società hanno un compito educativo, è tradizionalmente molto cara anche agli oratori ambrosiani. Nel 2017 si vuole rievocare la “Storia vissuta” del popolo che in oratorio vi è cresciuto, vi cresce e continua a trarre da quell’esperienza numerosi tesori spirituali. Nasce allora la campagna “Cresciuto in oratorio”, che raccoglie le testimonianze dei famosi come delle persone comuni.
Il primo dei “famosi” è proprio l’arcivescovo di Milano, che, davanti ad una platea di adulti e ragazzi, radunata in un accogliente oratorio cittadino, ricorda il suo povero, ma affascinante oratorio di Malgrate, anno 1946, dove, pur di poter partecipare ai giochi, il piccolo Angelo Scola decise di passare i compiti al più massiccio della squadra, poiché aveva capito che in quel cortile la Chiesa trasmette un senso globale dell’esistenza.
“Attraverso il catechismo, il teatro, il gioco, le gite ti insegna a riflettere sulla vita. In parrocchia, con le 20 righe di Dostoevskij o Svevo che mi leggeva il mio “don”, ho imparato a pensare”.
Proprio nei giorni in cui culmina la Settimana dell’educazione spira serenamente un uomo che ha portato lo spirito dell’oratorio (S. Maria in Chiesa Rossa) nella scuola, mons. Aldo Geranzani, per 25 anni preside del Collegio arcivescovile S. Carlo di Milano, comprensivo di elementari, medie e superiori. Il lutto è cittadino e quando la bara raggiunge il Duomo, nel pomeriggio del 1 febbraio, le navate sono colme di alunni ed ex-allievi, ancora grati al preside che di don Bosco non possedeva solo la sedia nello studio, su cui si sedeva con venerazione, ma soprattutto il modo di chinarsi sui ragazzi e di comprenderne gioie e fatiche, come ricorda un talento da lui scoperto, Alessandro D’Avenia: “lasciate che i bambini vengano a me, questa è stata la tua vita fino all’ultimo. (…) Per questo in essa nulla è andato sprecato, neanche la malattia e il dolore, perché tutto hai fatto per quei bambini, che poi diventano ragazzi, che poi diventano uomini e donne. Tutti tuoi figli spirituali”.
L’arcivescovo che passava i compiti contribuisce ad esaltare una figura di educatore a tutto tondo, che “conosceva per nome” i suoi alunni, i quali, proprio per questo, non sono diventati solamente gli inventori, negli anni 2000, del colletto della camicia alzato alla “sanca”, ma spesso la testimonianza vivente di cosa significhi scuola autenticamente cattolica, preziosa per tutta la cittadinanza di Milano.
Che tu sia un educatore d’oratorio, un professore di istituto cattolico, un insegnante cattolico in scuola statale, “la prima questione per fare bene la missione è ritrovare, in termini autenticamente personali, l’energia di coinvolgersi con gli altri”, proveniente da Cristo stesso.
“Il Cristianesimo è un fatto popolare e ama la realtà perché ama la verità. Questa è la strada: Cristo come senso del vivere. Nella nostra Diocesi esiste ancora un fortissimo cristianesimo di popolo, come tocco con mano ogni volta che visito le parrocchie. Allora dobbiamo chiedere di arrivare alle parole di Pietro: “Signore da chi andremo?”, sapendo che senza il rapporto con Gesù, non c’è vera vita”.