Durante i Dialoghi di vita buona, ripresi in settimana, emergono molte delle difficoltà culturali del nostro tempo. Per esempio “oggi l’uomo teme di essere sostituito da una macchina e, così, si parla di medicina potenziativa, che ritarda l’invecchiamento nell’illusione di evitare la morte e consentendo all’individuo di rimanere produttivo”, all’inseguimento di un benessere senza tempo che un mortale non può darsi da solo. I giovani vivono immersi in questa cultura, soffocati da una marea di potenzialità tecniche, storditi da un uragano di suoni e colori, senza una visione d’insieme alle spalle che spieghi loro come utilizzarle bene. Nelle parrocchie si pensa di affrontare questa situazione adeguandosi tecnologicamente, moltiplicando i balli, ma perdendo spesso la centralità dei fondamenti, che sono da trasmettere uguali ad ogni latitudine.
Il card. Angelo Scola, parlando ai fedeli di Bisuschio (decanato Valceresio), puntualizza che “per i fratelli dobbiamo essere come Cristo stesso, ma come possiamo se, nei luoghi della vita di tutti i giorni, non usiamo i sentimenti e gli occhi di Gesù e restiamo così in balìa del pensiero dominante, magari proposto dai nuovi capillari sistemi della comunicazione?”. La prima preoccupazione delle comunità cristiane deve essere quindi focalizzare la figura di Cristo e radicare in Lui ogni sentimento ed ogni giudizio.
Solo il Cristo totale, che vuol dire anche la dottrina cattolica nella sua integralità, ci permette di dire qualcosa di sostanziale a tutti gli uomini. Il card. Scola non ama la qualifica di “lontani” per chi non si reca in chiesa, poiché “tutti condividiamo il lavoro, il riposo, la sofferenza, l’educazione dei figli, l’edificazione di una società giusta”. La base del dialogo è proprio la condivisione, come uomini, della croce quotidiana. Non c’è problema esistenziale a cui Gesù non possa dare una risposta, in cui la Grazia non possa misteriosamente insinuarsi per richiamare proprio alla Mensa eucaristica, cuore pulsante della comunità. I cattolici riattivino nei vicini questa dinamica interiore in parole ed opere.
“Anche per noi c’è stato un momento nel quale il battesimo ricevuto da bimbi è diventato, da adulti nella sua riattualizzazione, l’incontro personale con Gesù”. Esattamente per questo la partecipazione all’Eucaristia non è un optional, ma il luogo concreto in cui incontrare Gesù vivo e vero nel supremo dei Sacramenti. “Se non Lo vediamo è appunto perché tendiamo a dimenticarlo nel quotidiano”. Come si raggiungono le periferie esistenziali? Facendo rete. Il card. Scola non teme di considerare soggetto evangelizzante anche “la famiglia ferita”, che è stata colpita negli affetti ma può ritrovare, nel cammino dentro la comunità, la strada della Grazia santificante secondo i suggerimenti di Amoris laetitia.
L’importante è che la Fede diventi davvero sale della vita. “Il Cristianesimo è una bellezza e una giovinezza (…). Una fede che non produce cultura non è convinta e non riesce a comunicare, diceva Giovanni Paolo II”. In una società plurale rimane necessario “affrontare i problemi anche in campo sociale e politico”, da cattolici. Proprio in quell’ambito si verifica concretamente l’intenzione del credente di conformare sé stesso e il mondo a Cristo.
Michele Brambilla