Difficile riassumere l’intesissima giornata di Papa Francesco in terra milanese, dalle Case Bianche di via Salomone all’incontro a S. Siro con i cresimandi. Una cosa è però sicura: in tutte le occasioni ha smentito molti stereotipi sulla sua persona.
Si comincia dal primo appuntamento dopo Linate: i palazzoni della parrocchia S. Galdino. I giornalisti che vorrebbero ridurre il Papa ad un innocuo, pauperista distributore di selfie si scontrano subito con un’affermazione molto forte, che illumina di senso tutta la giornata. Ricevendo una stola ricamata a mano dagli abitanti del quartiere, esclama: “un segno tipicamente sacerdotale, che mi tocca in modo speciale perché mi ricorda che io vengo qui in mezzo a voi come sacerdote, entro in Milano come sacerdote”.
La sottolineatura del sacerdozio, il primato della preghiera, diventa un leit-motiv che accompagna anche l’incontro con i religiosi in Duomo. Il Papa ammonisce un clero ambrosiano ossessionato dai risultati materiali a non forzare la mano allo Spirito Santo, ma a lasciarsi sorprendere dalla Grazia: “l’evangelizzazione non sempre è sinonimo di prendere pesci. (…) Poi c’è il Signore, Lui prende i pesci, quando come e dove non lo sappiano”. Alle suore preoccupate dal calo di vocazioni ricorda che, in realtà, tutti i fondatori di ordini religiosi temevano i grandi numeri. Il Papa pone come antidoto alla rassegnazione l’invito “ritornate alla vostra Galilea”, ovvero alla purezza del carisma originario in mezzo al popolo. Conferma, quindi, la categoria di Benedetto XVI di “minoranza creativa”, frenando chi, sui giornali, nei giorni precedenti brindava già alla sua liquidazione.
L’appuntamento più atteso dal popolo è certamente la Messa nel parco di Monza, dove si raggiunge presto il milione di presenze. Il Papa addita l’esempio di ascolto e preghiera della Madonna: “Dio continua a cercare cuori come quello di Maria”. Proprio da questo punto di partenza gli è possibile denunciare, nell’omelia di Monza, che nel mondo tecnocratico “si specula sulla vita, sul lavoro, sulla famiglia”. Il discernimento ripetutamente raccomandato ai sacerdoti in Duomo si applica anzitutto a quanto, nel contesto culturale contemporaneo, non corrisponde alla logica del Vangelo.
Chi vuole un Francesco silente sui valori non negoziabili viene smentito nuovamente a S. Siro, dove, davanti agli 80.000 cresimandi ambrosiani, il Papa torna a parlare del valore insostituibile degli anziani (contro ogni riduzione efficientista, messa alla berlina nelle domande retoriche del tipo “E, ma loro non sanno usare il computer”) e dell’unità della famiglia. “Voi non immaginate l’angoscia dei bambini quando i genitori litigano, soffrono e non crescono nella fede! Quando i genitori si separano, il conto lo pagano loro, quando si porta un figlio al mondo si deve avere coscienza della responsabilità di farli crescere nella fede”. Situazioni non estranee a molti dei presenti, che marchiano a fuoco la piaga del divorzio, primo gradino del piano inclinato che ci ha portato alle “unioni civili” e a discutere di eutanasia.
Il card. Angelo Scola, commentando la visita, mostra il Papa come esempio concreto di via pulchritudinis. “Il popolo lo vuole vedere perché riconosce in Francesco un uomo costruttivo, riuscito. La questione è domandarsi da dove venga questa riuscita”. Gli viene dal Dio che l’Occidente deve riscoprire come radice autentica.
Michele Bramilla