Papa Francesco ha indetto un Sinodo dei vescovi con a tema “i giovani e il discernimento vocazionale”, che si terrà nell’ottobre 2018. Analogamente a quanto accaduto nei due Sinodi sulla famiglia, la Santa Sede spedisce a diocesi, movimenti e associazioni il documento preparatorio con un questionario di domande precise da compilare. Si deve rispondere entro dicembre 2017.
Il responsabile del Servizio giovani diocesano, don Massimo Pirovano, commenta: “Leggo questa iniziativa come un dono inaspettato. La scelta di Papa Francesco di dedicare il prossimo Sinodo ai giovani corrisponde a un desiderio profondo della Chiesa, fatto emergere proprio dai ragazzi”. Da tempo, infatti, si attendeva un gesto che rinnovasse profondamente la pastorale giovanile, spesso ancora ancorata a metodi fortunati nei decenni passati, ma non sempre adeguati di fronte ai ragazzi di oggi.
“I giovani desiderano una vita piena nel segno del Vangelo”: il desiderio di infinito e di un senso che riempia la vita non si è affatto spento, ma è spesso soffocato dall’assorbimento, molto spesso inconscio, delle logiche contrarie. E’ la prova provata dell’influenza decisiva degli ambienti in cui si trascorre la vita quotidiana. Tanti giovani mantengono una generosità di fondo che li fa lanciare nel volontariato, tramite il quale riscoprono pure la Fede. “Un ventenne milanese che frequenta l’università fuori sede ha messo insieme un gruppo di coetanei e ha avviato nel suo ateneo la pastorale universitaria”.
Il card. Angelo Scola, parlando ai fidanzati nel pomeriggio del 6 maggio, invita i giovani alla stabilità di Cristo, che per chi si prepara al Sacramento del Matrimonio significa “il passaggio dall’innamoramento al matrimonio, l’accettazione della dimensione di sacrificio che rende più potente e non annulla l’amore e la necessità di imparare ad amare per sempre”. L’amore, nel cattolico, ha sempre una dimensione cristologica, in qualunque modo si declini (si è nell’imminenza della Giornata per le vocazioni). Cristo insegna quella pazienza che vede la luce della risurrezione anche nelle difficoltà. “È la debolezza della nostra fede che non ci fa vedere la sua bellezza”.
L’arcivescovo pungola questa debolezza nell’accogliere a Seveso il patriarca copto Tawadros II, che presiede un’assemblea del clero egiziano in Italia nel cinema del Seminario. “La nostra Chiesa ha molte cose da imparare da voi. Mi impressiona soprattutto la radicalità della Fede, il peso della liturgia e della preghiera come radice di tutta la proposta pastorale”, portata avanti persino sotto le bombe e le minacce di attentato.
I copti sono d’esempio “nella nuova evangelizzazione, perché l’Europa ha perso le radici della Fede e dei valori umani decisivi”. Chiaro riferimento alle leggi antiumane in discussione anche in Italia in queste settimane. L’Occidente post-moderno si ritiene ancora una civiltà superiore, e lo fa sulla base di disvalori che, in realtà, lo umiliano e non lo rappresentano. Potrebbe, invece, ascoltare chi la Rivoluzione non l’ha conosciuta. Il card. Scola, additando i copti, pare così alludere a quello che, riferendosi a tutt’altro contesto, Giovanni Cantoni chiama “il secondo viaggio di Colombo”: l’Europa ri-evangelizzata da coloro a cui ha donato la Fede o che la custodiscono, inalterata nel vigore, fin dai primordi.
Michele Brambilla