Un funerale semplice per l’arcivescovo che predicava una “vita sobria” secondo i principi del Vangelo. Il clima, nella camera ardente a Triuggio, è quasi domestico, e tale si mantiene pure in Duomo, dove si rinuncia all’esposizione della salma su un cataletto scoperto, rito un po’ “barocco”, e, durante il trasferimento, si lascia ai cittadini di Renate la possibilità di salutare il feretro sulla piazza del paese natale. E’ peraltro la prima volta nella storia che i funerali di un arcivescovo emerito di Milano defunto si svolgono in piena sede vacante e vengono presieduti sia dal suo successore diretto, l’ormai uscente card. Angelo Scola, che dal nuovo arcivescovo designato, mons. Mario Delpini.
Concelebrano i cardinali Edoardo Menichelli (Ancona) ed Angelo Bagnasco (Genova), le diocesi ricoperte dal card. Dionigi Tettamanzi prima di Milano, assieme ad altri 27 prelati. Moltissimi i fedeli accorsi, altrettanti quelli che si uniscono in preghiera dai luoghi di villeggiatura. Il card. Scola nell’omelia riesce a raccogliere i sentimenti di tutti. “Carissime, carissimi, la risurrezione, cioè il pieno compimento del nostro destino, deve ora abitare il nostro cuore, ci deve dominare. Chi muore in Cristo Gesù partecipa di tutta la Sua opera di redenzione”.
Cristo desidera ardentemente mangiare la sua Pasqua con ogni singolo credente. Il card. Tettamanzi ha saputo effettivamente nel suo ministero fermarsi spesso davanti ai singoli. “Moltissimi tra noi, penso a me, alla nostra lunga collaborazione ed amicizia, hanno nel cuore fatti e momenti in cui hanno potuto godere dell’intensa umanità del cardinal Dionigi. Colpiva in lui il permanente sorriso, espressione di una umanità contagiosa, riverbero della tenerezza di Gesù e Maria santissima verso tutti coloro che incontrava e con eccezionale pazienza salutava uno ad uno”.
Questo insegna uno stile pastorale di cui “parleremo agli adolescenti, ai giovani, a figli e nipoti per aiutarli a crescere”. I giovani di oggi sono allergici alle paternali e alle mitologie, vogliono adulti che siano assieme testimoni e maestri. Il card. Tettamanzi ha non a caso dedicato gran parte del suo lavoro teologico allo studio dei problemi della famiglia contemporanea, segnata dalla IV Rivoluzione.
Un impegno che derivava da “un profondo senso di giustizia che si esprimeva nella promozione e nella difesa dei diritti di tutti e di ciascuno, vissuti nel loro legame profondo con i doveri e garantiti da buone leggi”. Si comprendono allora i numerosi interventi del card. Tettamanzi riguardanti i “nuovi milanesi”, che avevano un senso differente dalle forzature veicolate anche in questi giorni dai media laicisti, interessati a trasformare il defunto in un “corpo contundente” da scagliare contro le gerarchie ecclesiastiche e politiche odierne o del passato.
Anche alcuni periodici sedicenti cattolici non hanno resistito alla tentazione di rivangare antiche polemiche, sulle quali il defunto non era personalmente più tornato nei lunghi anni di rispettoso silenzio. Il card. Scola ammonisce che “affidare (…) il cardinale Dionigi al Padre (…) deve scavare in noi in profondità, interrogarci sullo stato della nostra fede e sulla disponibilità a lasciarci prendere a servizio, a spezzare ed offrire tutta la nostra vita come il cardinale ci ha insegnato fino alla fine”.