Subito dopo la festa dell’Assunzione di Maria mons. Mario Delpini parte per il suo consueto viaggio tra le missioni create dai preti ambrosiani all’estero. Meta quest’anno il Brasile, terra che deve molto all’opera dei missionari lombardi, in gran numero fidei donum milanesi, i quali accolgono con gioia il proprio arcivescovo eletto.
I missionari fidei donum sono i sacerdoti diocesani che si mettono temporaneamente a disposizione per un’esperienza missionaria al di fuori dei confini nazionali. Questa possibilità fu istituita da Pio XII nel 1957 ed il mandato missionario dura circa 5 anni. Ai preti si sono aggiunti recentemente anche alcuni laici, comprese famiglie intere. Milano fu fin da subito una delle diocesi più generose nell’offrire volontari, disseminandoli dall’Asia all’America passando per l’Africa.
Nel messaggio scritto da mons. Delpini alla fine del viaggio non manca un riferimento ai “pionieri” del PIME e dei cappuccini che fin dall’Ottocento prepararono il terreno. “Il ricordo delle imprese dei Padri Cappuccini infatti è scritto in tutto il Maranhão. In particolare risuonano in benedizione i nomi di fra Daniele da Samarate, di fra Alberto Beretta e di sua sorella santa Gianna Beretta Molla alla quale sono dedicate chiese e cappelle un po’ dappertutto. (…) E su a Nord, nella Diocesi di Belem, la memoria di Marcello Candia e di mons. Aristide Pirovano più che nella lapide ricordo è scritta nell’opera di assistenza dei lebbrosi che i padri del don Calabria continuano con professionalità e dedizione ammirevole”.
Un onore, ma anche un onere, che richiede una vicinanza non banale in mezzo alle difficoltà quotidiane. “Le istituzioni create dalla intraprendenza ambrosiana, le scuole, gli ospedali, le cappelle costruite là dove si arriva solo con la testardaggine del missionario invocano una presenza: non principalmente per un aiuto economico che venga da chi sa dove, quanto per una iniezione di fiducia che aiuti la gente ad avere stima di sé”.
In molte zone non si vede un sacerdote per mesi, il che interroga sul valore che noi europei diamo ai Sacramenti. Dovremmo imparare dagli amerindi l’attesa e il desiderio profondo di Gesù Eucaristia. “Se la povera gente che si raduna in cappelline fatte di affetto e di miseria ha voglia di cantare, di abbracciarsi, di fare festa per onorare la Madre di Dio, per accogliere la grazia di una Messa, per festeggiare il prete di passaggio, allora forse si può cantare e abbracciarsi e fare festa anche là dove la Messa c’è tutti i giorni”. Il proliferare di artifizi teatrali e/o infantili nelle Messe italiane sono un ulteriore sintomo della perdita del senso autentico di festa un tempo constatabile nei decori delle chiese, nella liturgia eseguita con serietà e nei “vestiti della domenica”.
Pertanto risuona l’invito: “coraggio, Chiesa di Milano, hai molte risorse da mettere a frutto!”. L’intraprendenza dei catechisti latinoamericani suscita in mons. Delpini un ulteriore sprone al laicato ambrosiano: “se per l’organizzazione della festa e la preghiera del Rosario e la camminata per la famiglia i gruppi di laici si appassionano all’impresa e non si sottraggono alle fatiche e sono onorati di farsi avanti, anche se il prete potrà arrivare solo all’ultimo momento, forse anche là dove una tradizione decennale si è abituata ad aspettare che sia il prete a fare tutto (…) si può immaginare una comunità più vivace, più corresponsabile”.
di Michele Brambilla