C’era un bel sole il 25 settembre 2011, quando entrò a Milano il card. Angelo Scola. Un sole altrettanto caldo premia, nel pomeriggio del 24 settembre 2017, l’ingresso solenne di mons. Mario Delpini. Il calore è anche quello dei bambini degli oratori, che attendono il nuovo arcivescovo sul sagrato della basilica di S. Eustorgio, e delle migliaia di fedeli ambrosiani che si assiepano lungo tutto il percorso del corteo, fino ad affollare Duomo e sagrato.
Mons. Delpini appare commosso e persino un po’ spaesato, come nel momento degli onori militari. E’ la Milano che conosce da una vita, ma ora “don Mario” sta per inserirsi nella genealogia di vescovi che le litanie, all’interno del Duomo, ricorderanno impegnativamente. L’intervista “programmatica” su Avvenire di quella stessa mattina fuga ogni dubbio sulla sua decisione come pastore: “il riferimento a Dio, la vita come vocazione, la responsabilità per il mondo: queste sono le tre priorità” pronosticate per Milano e la Lombardia, di cui diventa metropolita. L’imperativo è “essere comunità cristiana che (…) ha qualcosa da dire sui temi d’oggi come il nascere e il morire, l’essere uomo e l’essere donna, l’amore, la sofferenza, i soldi, la vita pubblica”.
L’omelia all’interno del Duomo è un lungo ringraziamento/appello ai “fratelli e alle sorelle”, come continuamente scandisce, di tutta l’arcidiocesi, sia che siano cattolici, sia che appartengano ad altri credi. Ai governanti, salutati per nome, e ai non credenti ripete quello che è stato il progetto del card. Angelo Scola: passare da un dialogo formale ad una vera “condivisione della passione civica” che onori “la fierezza dell’unica tradizione solidale, creativa, laboriosa milanese e lombarda”.
Il card. Carlo Maria Martini, consegnando il pastorale di S. Carlo al card. Dionigi Tettamanzi, si lasciò sfuggire: “sentirai quanto è pesante”. Le medesime parole furono ripetute, con maggiore serenità, dal medesimo card. Tettamanzi al momento di passare il pastorale al card. Scola. Questi, quando all’inizio della Messa deve a sua volta compiere il passaggio, formula a mons. Delpini l’augurio, tutto al positivo, di un “cammino spedito e carico di frutti. (…) Il popolo, qui riunito o che ci segue dalla piazza e da lontano, oggi ti fa corona, pieno di gioia e di speranza. (…) Questo stesso popolo, sotto la tua guida, si impegna a testimoniare con rinnovato vigore ad ogni uomo e ad ogni donna delle nostre terre che in Cristo si può vivere in pienezza”. I 5 porporati milanesi invitati in Duomo per l’ingresso di mons. Delpini danno immediatamente corpo a queste parole, ponendosi per tutta la durata della celebrazione in una posizione di semplice ascolto. Principi della Chiesa, danno per primi esempio dell’obbedienza che gli ambrosiani devono al proprio nuovo arcivescovo.
Il direttore della cappella musicale del Duomo, don Claudio Burgio, compone per l’occasione un brano che ha come ritornello lo stesso motto episcopale di mons. Delpini: “Plena est terra gloria Eius”, “la terra è piena della Tua gloria”. Un motivo molto orecchiabile, che desidera essere una presentazione in musica del magistero di mons. Delpini, il quale, citando Bibbia e liturgia, dichiara: “voglio confermare la profezia stupefatta di Isaia: tutta la terra è piena della sua gloria. Voglio confermare l’inno di lode che si canta in ogni liturgia eucaristica: Santo, santo, santo, i cieli e la terra sono pieni della tua gloria! Voglio condividere l’inno del Te Deum: pleni sunt caeli et terra maiestatis gloriae tuae”. Gloria intesa come l’impronta del Re, leggibile anche sul volto della creatura più misera. Mons. Delpini ha non a caso scelto come primo atto di questa lunga giornata una celebrazione tra i carcerati di Opera.
di Michele Brambilla