Nel 2018 ricorrono i 70 anni della presenza dei salesiani a Sesto S. Giovanni. L’anniversario esatto sarà l’8 dicembre, poiché è in quella data del 1948 che il beato card. Alfredo Ildefonso Schuster promulgò il decreto con il quale istituì la casa sestese (la seconda per importanza nell’arcidiocesi ambrosiana), tuttavia si comincia a festeggiarlo nella ricorrenza liturgica (31 gennaio) di S. Giovanni Bosco (1815-88) con una grande Messa nel Duomo di Milano, presieduta da mons. Mario Delpini.
I compiti dei salesiani a Sesto S. Giovanni si sono nel frattempo ampliati: oggi, oltre al noto istituto comprensivo di medie, liceo e professionale, curano anche la conduzione di due parrocchie e dei rispettivi oratori. L’arcivescovo esprime gratitudine per “l’impressionante opera educativa svolta dai Salesiani e l’aiuto offerto alla Chiesa ambrosiana” e si compiace anche della relativa “giovinezza” (poco più di 150 anni) dell’ordine religioso. “Il vostro passato non è abbastanza lungo per essere una zavorra che pesa sulle spalle al punto da rallentare il passo e lo slancio verso il futuro”.
I salesiani hanno attraversato con il loro stile i secoli forse peggiori della storia d’Italia, immeritatamente celebrati nel 2011. Tuttavia dimostrano che “la tua storia, come la storia di casa tua, anche se ha attraversato dure prove e dispiaceri, anche se ci sono state cattiverie e ferite, forse persino lutti dolorosi, non è una strada interrotta, non è un marchio di sconfitta, non è una predestinazione al nulla o alla dannazione”.
Il famoso “sistema preventivo” di don Bosco sta nell’individuare il buono anche del ragazzo più riottoso, guidandolo a saper costruire il bene concretamente possibile nella sua esistenza. Mons. Delpini trae da questo ottimismo di fondo della pedagogia salesiana l’invito a considerare che “le difficoltà prevedibili non sono un muro così invalicabile da precludere percorsi lieti, coraggiosi, lungimiranti”, come già sostenuto nella lettera ai diciottenni sulle imminenti elezioni politiche.
“Lo sguardo di Dio è uno sguardo che legge in profondità, oltre le etichette che ti hanno messo i tuoi amici o nemici, oltre il buio che ti impaurisce, oltre lo scoraggiamento che ti paralizza. Don Bosco ha imparato a guardare i ragazzi di Torino con lo sguardo di Dio, si è stupito di quanto bene c’è in ogni ragazzo e ragazza”. Anziché assumere un atteggiamento sterilmente polemico nei confronti degli epifenomeni della degradazione contemporanea, ci si trasformi in missionari gioiosi e ottimisti. “Noi non siamo come quegli adulti scoraggiati che dicono: “Non diventate come noi perché abbiamo sbagliato, siamo delusi di noi stessi”. Noi diciamo: “Andate avanti!””.
Si può “andare avanti” in questo modo persino a 11-12 anni. “C’è un bisogno infinito di amicizia, di compassione, di misericordia, dunque, siate amici affidabili, aprite il cuore alla compassione, imparate a perdonare”. Proprio per i ragazzi mons. Delpini rispolvera il significato autentico della nobiltà. “Noi non siamo fatti per la banalità, lo squallore, la volgarità. Elevatevi a quella nobiltà che sa apprezzare il bello, custodire l’originalità, distinguersi non per la stupidità, ma per l’arte di fare il bene, per il gusto delle cose belle, la sobrietà dignitosa di chi sa fare a meno di tutto, ma non della gioia”.