Il card. Angelo Scola nominò mons. Mario Delpini vicario generale dell’arcidiocesi ambrosiana durante la Messa crismale del 2012. Sei anni dopo mons. Delpini, nel frattempo succeduto al card. Scola sulla cattedra dei SS. Ambrogio e Carlo, compie il medesimo passo nei confronti di mons. Franco Agnesi, che diventa quindi il nuovo vicario generale. Segue l’annuncio della nomina dei nuovi vicari episcopali: 2 di Curia (don Mario Antonelli e mons. Ivano Valagussa) e 4 zonali (don Carlo Azzimonti per Milano, don Giuseppe Vegezzi per Varese, don Luca Raimondi per Rho e don Antonio Novazzi per Sesto S. Giovanni).
Leggendo i nomi di mons. Agnesi, di mons. Valagussa e di don Antonelli salta immediatamente all’occhio che si tratta di figure legate all’episcopato del card. Carlo Maria Martini (1980-2002). La stessa omelia della prima Messa crismale di mons. Delpini è infarcita di riferimenti “martiniani”, primo tra tutti la centralità della Scrittura nella pietà del singolo e nella vita comunitaria. Uno dei “compiti a casa” che dà a tutti i sacerdoti è riportare in auge i “gruppi di ascolto del Vangelo” sorti su ispirazione del card. Martini “per evitare che la Sacra Scrittura sia ridotta a un libro da leggere, studiare, commentare” aridamente.
Quella dell’arcivescovo non è, però, una mera “operazione nostalgia”: rovescia sia qualsiasi atteggiamento nostalgico che qualsiasi pessimismo cosmico sul futuro. Il presente “è impregnato di malcontento, frustrazioni, depressioni”, ma rimane “tempo adatto perché Dio faccia grazia”. Il “trucco” sta nel saper unire nova et vetera secondo il celebre detto evangelico (Mt 13,52), ovvero l’esperienza del passato con le necessità contemporanee.
Gli uomini contemporanei incontrano Cristo con maggiore facilità non solo se si ridà spazio adeguato alla lectio divina, ma pure se i cattolici non si dilaniano al loro interno con le polemiche e se la liturgia è celebrata senza nessun indebito protagonismo. L’arcivescovo avverte in particolare che “è necessario anzitutto che i preti e diaconi imparino sempre di nuovo a celebrare con un vivo senso del Mistero, evitando la tentazione di utilizzare il contesto celebrativo per attirare l’attenzione su di sé, per esibire la propria originalità, per inserire interventi arbitrari”.
Mons. Delpini ritiene che la recente visita pastorale “feriale”, svoltasi secondo una modalità che privilegiava gli incontri di Zona, non sia stata sufficiente ai fini della conversione missionaria del clero e delle parrocchie, pertanto indice una nuova visita “capillare”, che tocchi con mano i processi in atto a livello sociale. Poiché il consiglio pastorale diocesano sconta anch’esso un livello di rappresentatività molto generico, l’arcivescovo intende da ora in poi affiancargli un consiglio più ristretto che chiama “Commissione per la promozione del bene comune”, concepito come un vero e proprio gruppo di studio.
I cattolici sono uomini di speranza certa, “riconoscono l’impotenza e l’inefficacia, ma ritengono momentaneo il fallimento. Sì, ho sbagliato, ma domani farò meglio; sì, sono caduto, ma mi rialzo subito e riprendo il cammino con più vigore e intelligenza”, come afferma lo stesso mons. Delpini durante la successiva Messa in Coena Domini ricordando l’esempio dell’apostolo Pietro. “(…) ogni sforzo è destinato al fallimento se costruito sulle proprie risorse”, ma ci soccorre la misericordia del Signore.