Non si conosce ancora la data precisa della canonizzazione, tuttavia l’arcidiocesi di Milano è già in fibrillazione per l’elevazione alla massima gloria degli altari del “suo” Papa Paolo VI (1897-1978), che fu arcivescovo ambrosiano dal 1954 al 1963.
Durante la Festa dei Fiori in Seminario (8 maggio) interviene infatti come relatrice al tradizionale convegno che accompagna la presentazione dei candidati al sacerdozio (quest’anno 23) Giselda Adornato, biografa ufficiale del Pontefice, sottolineando: “Da vescovo, (Giovanni Battista) Montini vuole riabituare la gente a “pensare Dio”, con la concretezza dei progetti e delle opere. Ecco la sfida di Milano. Che per l’Arcivescovo è il simbolo emblematico del più generale momento di transizione della civiltà odierna”. E’ in quest’ottica che si devono valutare riforme attuate da Papa come quella liturgica (1970).
Nell’omelia della celebrazione eucaristica mons. Mario Delpini fa suo il “moto ascendente” della spiritualità montiniana additando la Madonnina del Duomo: “la Madonnina in cima al Duomo invita ad alzare lo sguardo e porta in cielo tutta la storia: porta in cielo la cronaca spicciola dei milanesi che girano intorno al Duomo, di tutti i turisti, di tutti i mendicanti, di tutto il mondo; porta in cielo le storie gloriose o dimenticate di tutti i santi, scritte nel marmo di Candoglia, che raccontano di torture e di martiri, di povertà e di peccati, di parole memorabili e di carità”.
Ai festeggiamenti di Venegono Inferiore seguono, tra il 9 e il 10 maggio, due giornata di studio sulla figura di Paolo VI organizzate dall’Università Cattolica di Milano, alle quali l’arcivescovo ambrosiano partecipa in qualità di presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo che amministra l’ateneo. Mons. Delpini ripete pure nel paludato contesto accademico che “l’atteggiamento spirituale con cui, in questo tempo, penso a Giovanni Battista Montini, anche per la mia attuale responsabilità, è di ricordare che Montini è beato e che siamo in attesa della sua canonizzazione. Mi pare che questo ci ricordi la visione della vita di chi si ispira al Vangelo e si lascia illuminare dalla fede, visione che si può definire vocazione a dimorare in Dio”, deducendo da questa premessa che “ciò invita a leggere la vicenda di Montini e i suoi testi non solo come oggetto di ricerca o patrimonio di libri, ma come una storia di santi”, exemplum per tutto il popolo cristiano.
Il convegno si pregia della presenza pure del segretario di Stato vaticano, il card. Pietro Parolin, il quale prende a modello per se stesso il Montini diplomatico (1933-54). “L’impegno per la pace costituì certamente un capitolo fondamentale di un nuovo porsi della Chiesa nel mondo. Su tale terreno, Paolo VI vide la possibilità di stabilire una sintonia autentica con le aspirazioni più profonde di un mondo moderno cui egli guardava, peraltro, in modo parzialmente critico. Dietro lo scenario grandioso di tale mondo, conscio del progresso della scienza e della tecnologia, intossicato da successi spettacolari in campi finora inesplorati, gli sembrò, infatti, facile scoprire le voci profonde di chi aspira alla giustizia, a un progresso che non è solo tecnico, ma umano; a una pace che permette finalmente la collaborazione di uomini e popoli in un’atmosfera di reciproca fiducia”. Anche da funzionario della Segreteria di Stato il futuro Santo si distinse, quindi, nel ricondurre gli aneliti più reconditi di coloro che incontrava al Dio di cui avevano segretamente nostalgia.