Il 12 settembre 2006 Papa Benedetto XVI pronunciò quello che è passato alla storia come “discorso di Ratisbona”, e che altro non voleva essere se non una lectio magistralis nell’aula magna dell’università dove aveva a lungo insegnato teologia prima di diventare, nel 1977, arcivescovo di Monaco di Baviera. Fin da subito colpì molto la coraggiosa citazione di un dialogo tra l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo (1391-1425) ed un dotto persiano (musulmano sciita).
Disse, infatti, il Papa: “Nel settimo colloquio (…), l’imperatore tocca il tema della jihād, della guerra santa. Sicuramente l’imperatore sapeva che nella sura 2, 256 si legge: “Nessuna costrizione nelle cose di fede”. (…) Ma, naturalmente, l’imperatore conosceva anche le disposizioni, sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa. (…) egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi inaccettabile, si rivolge al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”.
Il messaggio era rivolto soprattutto agli interlocutori occidentali, tentati ancora dalle posizioni estreme del razionalismo illuminista (solo ragione) e del fideismo (solo fede). La reazione sia della stampa anticattolica che del mondo islamico rappresentò una crudele conferma delle parole dell’imperatore: folle di islamisti assaltarono le chiese e uccisero molti fedeli cristiani, mentre gli intellettuali laicisti sferrarono a Benedetto XVI il proverbiale “calcio dell’asino”.
Tra coloro che perirono in quei giorni ci fu suor Leonella Sgorbati (1940-2006), missionaria della Consolata, assassinata il 17 settembre mentre camminava per strada a Mogadiscio (Somalia). Nata a Rezzanello di Gazzola (PC), a 10 anni si trasferì con la famiglia a Sesto S. Giovanni (MI), dove completò gli studi e maturò la sua vocazione missionaria.
Non stupisca quindi vedere anche l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Depini, sull’altare del Duomo di Piacenza alle 11.00 del 26 maggio 2018, quando il card. Angelo Amato, a nome di Papa Francesco, procede alla beatificazione di suor Leonella, prima martire italiana del terrorismo islamico a salire agli onori degli altari.
La beata Leonella ha costruito tutta la sua vita attorno a Gesù, che è presente in tutti i tabernacoli della Terra. Non a caso “i nostri padri sono stati saggi perché hanno costruito questa città intorno al Duomo, così che il nostro vivere insieme sia benedetto da Dio”, come mons. Delpini ricorda ai cresimandi ambrosiani, radunati come ogni anno nello stadio di S. Siro, poche ore dopo essere rientrato da Piacenza. Cristo è il riferimento n. 1 che l’Europa di oggi ha smarrito, come dimostrano i ben tristi risultati del referendum abortista in Irlanda. Pochi se lo ricordano, ma l’utilizzo “religioso” dello stadio Meazza fu inaugurato dal card. Giovanni Colombo (1963-79) propri ai tempi dell’italiana legge 194, quando egli era solito convocare i giovani cattolici per additare loro esempi di difesa della vita senza compromessi, come S. Teresa di Calcutta (1910-97), che su invito dell’Arcidiocesi venne a Milano tre volte: nel 1973 prima del referendum sul divorzio (1974), nel 1977 e nel 1983.