di Michele Brambilla
Mons. Mario Delpini celebra in Duomo la “memoria indivisa” degli arcivescovi suoi predecessori poche ore dopo essere stato esplicitamente convocato dal Papa al Sinodo sui giovani e il discernimento vocazionale. Nell’omelia pronunciata il 30 agosto l’arcivescovo trasforma in appello accorato questa felice concomitanza. Esordisce mettendo in chiaro che “(…) questi vescovi (…) si possono celebrare insieme perché hanno in comune l’essenziale” del ministero episcopale e dell’amore al proprio gregge, tanto da far esclamare “Milano, quanto sei stata amata! Chiesa ambrosiana, quanto sei stata amata! Gente di questa terra, quanto sei stata amata” dal Signore che li ha mandati.
“Ecco, io credo che i vescovi che sono stati chiamati alla cattedra dei santi Ambrogio e Carlo in questi ultimi cento anni hanno buone ragioni per fare proprie le parole di Paolo ai Tessalonicesi: Siamo stati amorevoli in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli. Così affezionati a voi avremmo desiderato trasmettervi non solo il Vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari (1 Ts 2,7-8). Ogni vescovo ha avuto la sua personalità, i suoi pregi straordinari” e, ammette, “anche i suoi limiti; ogni vescovo ha operato le sue scelte, talora profetiche, talora timide, sempre discutibili” ma sempre ispirate da “questo affetto”. Vale specialmente per coloro che, come i cardinali Schuster e Martini, non erano ambrosiani di nascita, ma sono riusciti comunque ad immedesimarsi con il popolo milanese e la sua cultura peculiare.
Milano è stata “amata perché sei gente che merita stima, gente seria, gente generosa, gente pronta al sacrificio, gente operosa, gente capace di dire le parole giuste e di fare silenzio, gente che diffida della retorica e ama le opere ben fatte”, ma lo sarebbe stata anche senza queste caratteristiche, poiché il buon pastore ama le sue pecore indistintamente, soprattutto nei pericoli. “I tuoi vescovi ti hanno amata e non hanno risparmiato fatiche, insistenze, pazienza e fermezza per incoraggiare nei momenti tragici della guerra, del terrorismo, della crisi economica; i tuoi vescovi ti hanno amata e non hanno risparmiato parole e gesti simbolici, eventi e celebrazioni per sostenere la tua speranza, anche nei momenti di scoraggiamento e di difficoltà”.
Il punto che mons. Delpini vuole raggiungere, alla vigilia del sopracitato Sinodo sui giovani, è esattamente questo: la speranza. “I vescovi ti hanno amato e hanno dato se stessi per la tua fede, per la tua speranza”. Se c’è una cosa di cui la Milano moderna e post-moderna ha avuto continua ad avere un bisogno vitale è proprio la Speranza teologale. Sebbene nel XX secolo, come peraltro nelle epoche precedenti, gli arcivescovi milanesi abbiano spesso dovuto supplire alle mancanze dei governanti laici, essi “non sono stati politici, né affaristi, né personaggi preoccupati di un consenso. Hanno amato la gente di questa terra in nome di Dio”. E chi trova Dio, trova la verità sull’uomo.
Come il card. Angelo Scola durante la sua Messa di saluto (8 settembre 2016), mons. Delpini giunge quindi ad esortare i milanesi a non dimenticarsi mai di Dio. “Terra tanto amata, non dimenticarti di Dio! Gente tanto amata non perdere la speranza! Gente tanto amata, impara da chi ti ha amato a guardare oltre gli affari e le scadenze, per avere stima di te stessa e conservare la persuasione che non siamo condannati a morte, ma chiamati alla vita, nella comunione dei Santi”.