Settembre vuol dire nelle parrocchie festa di riapertura dell’anno pastorale/oratoriano. “L’inizio dell’anno oratoriano è la “festa degli oratori”. Infatti è la festa della partenza: partire è festa perché c’è una meta da raggiungere, c’è una compagnia che condivide, c’è la fierezza di non stare fermi”, come afferma mons. Mario Delpini nel tradizionale messaggio agli oratori ambrosiano in occasione della ripresa delle normali attività.
La meta è la santità, guardando in particolare ai Santi che stanno per essere canonizzati. “La meta da raggiungere, il traguardo desiderabile è la gioia di Dio, il suo Regno, la vita di Dio in noi. Si può anche chiamarla santità: quella vissuta da molti, come per esempio Papa Paolo VI, che è stato nostro Arcivescovo, don Francesco Spinelli, mons. Oscar Romero che Papa Francesco iscriverà tra i santi canonizzati nel mese di ottobre”. Le parrocchie che sono state fondate o benedette dall’allora arcivescovo mons. Giovanni Battista Montini sono naturalmente in fibrillazione, ma mons. Delpini ricorda tenacemente che la santità rimane un obbiettivo universale.
“Si mettono”, infatti, “in cammino quelli che credono alla promessa di Dio: sanno che di Dio ci si può fidare. Non cercano la gloria, sanno che è solo fumo. Non cercano guadagni, sanno che per chi ha sete nessuna bevanda che si compri al mercato può bastare. Cercano la gioia e sanno che non ci sono mercanti di gioia. Perciò si mettono in cammino verso la terra promessa da Dio: Via così!”, come esorta la scritta stampata sui gadget acquistabili presso la sede della Federazione Oratori Milanesi.
L’apostolato cattolico è sempre un’azione corale (“siano benedette tutte le persone, preti, diaconi, consacrati e consacrate, educatori e animatori, volontari e collaboratori che accompagnano i ragazzi e le attività dell’oratorio”) che ha delle regole ben precise. Mons. Delpini le rammenta tramite un simpatico “decalogo degli oratori”, nel quale ribadisce che l’oratorio esiste per trasmettere “la via della vita” (art.1) in un contesto di comunione tra gli operatori pastorali, consci che “l’oratorio non basta a se stesso: accoglie le proposte che la Diocesi offre tramite la FOM, vive un rapporto necessario con la Parrocchia, la Comunità Pastorale, le proposte diocesane e il Decanato” (art.4), ma si può eventualmente aprire anche alla voce dei movimenti e delle associazioni.
Il decalogo ricalca in parte una visione che considera il mondo associazionistico rigorosamente subordinato alla pastorale parrocchiale ufficiale, come evidenzia il dettato dell’articolo 9: “in oratorio si favorisce il convergere di tutte le forme di attenzione educativa presenti nel territorio: i gruppi cristiani, la scuola, le associazioni sportive, i gruppi culturali, musicali, teatrali”, tuttavia l’appello “per l’unità nella pluralità” fa tesoro dell’instancabile magistero del card. Angelo Scola a riguardo.
Mons. Delpini ammonisce che la formazione del credente non è fine a se stessa. “L’oratorio educa ragazzi, adolescenti per introdurre alla giovinezza cristiana, tempo di responsabilità da vivere negli ambienti adulti, portando a compimento la propria vocazione” (art.10), realizzando quella santificazione della quotidianità auspicata daApostolicam actuositatem (1965).