Di Michele Brambilla
Il calendario ambrosiano riporta sulle nostre rive la solennità di Cristo Re (11 novembre). Gesù vuole regnare nei nostri cuori e nella nostra società, che da tempo prova in tutti i modi di sbarrargli la strada. Questo non deve intimorire, ma spingere ancora di più ad interrogarsi sulla trasmissione e la difesa della Fede.
Il 7 novembre, durante un incontro presso le scuole FAES di Milano, del ciclo Non basta la scuola, serve una famiglia, mons. Mario Delpini, invitato assieme al presidente del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, viene incalzato dai genitori proprio sulle difficoltà a testimoniare i valori della famiglia naturale in una società che rema decisamente contro. L’arcivescovo risponde contestando frontalmente il “politicamente corretto” (chiamato per nome e cognome), soprattutto in tema di ideologia gender: i politici sono specchio di coloro che li eleggono e la Chiesa non deve avere alcun timore reverenziale umano nell’annunciare la prospettiva evangelica. Noi cattolici abbiamo la Speranza che salva già ora il mondo: se non siamo riusciti a comunicarla è anche colpa del nostro “imborghesirci”, ovvero del nostro appiattirci su una stanca routine, come aggiunge De Palo.
Sono le medesime osservazioni che, con parole meno dirette, l’arcivescovo ripete il giorno dopo (8 novembre) durante l’insediamento dei parroci di Pozzuolo Martesana e Azzate: “viviamo il desiderio di aprirci al futuro e di guardare avanti con fiducia per orientare il cammino del popolo di Dio”. Futuro non inteso in senso positivistico, come ancora fanno molti nostri contemporanei, ma come tempo comunque abitato dallo Spirito Santo, che per bocca dei recenti eventi ecclesiali ci sprona alla missione. “Il Sinodo sui giovani ha ribadito ciò che nelle nostra comunità vi è sempre stato, ossia che la Chiesa si interessa dei giovani, non tanto per reclutare personale o per farli diventare un mercato, ma perché trovino la strada verso la felicità. Sono tanti gli oratori e le forme di catechesi che testimoniano tutto questo, ma sono anche tanti i giovani che non cercano nella comunità cristiana il contesto in cui trovare il senso della loro vita. Quindi questo Sinodo deve mettere in noi un poco di inquietudine, perché sentiamo la responsabilità di trovare le strade per annunciare il Vangelo. Questa è la missione del Pastore buono”.
La riflessione prosegue il 9 novembre a Seveso, durante l’assemblea degli assistenti di Azione Cattolica della Lombardia, avente come tema “Quale laicato per una Chiesa sinodale?”. Il primo invito dell’arcivescovo è all’ascolto vicendevole, sull’esempio di Cristo: “Gesù prima di insegnare ascolta. Il primo atteggiamento dell’accompagnamento è l’ascolto. Mi pare che le nostre comunità, e i laici in esse, abbiano bisogno di dirsi quale sia lo stile con cui vivere”, che non può che essere all’insegna dell’unità, attorno all’Eucaristia. “Contro ogni riduzione volontaristica, intellettualistica, individualistica, devozionale, i discepoli diventano un cuore solo e un’anima sola per il dono che conforma a Gesù, per la condivisione dello stesso Pane e la comunione allo stesso Calice”. La missione scaturisce dall’Eucaristia e ad essa fa ritorno, con la raccomandazione ai preti “(…) a non trattenere per sé i laici, ma a incoraggiare la loro testimonianza laicale” senza paura della sua legittima autonomia.