Di Michele Brambilla
Non è difficile associare Milano al mercato globale e alle esposizioni universali. La fiera degli “Oh bei, oh bei” attira da secoli migliaia di espositori attorno a S. Ambrogio. Da diversi anni, poi, Milano ospita in contemporanea la celebre Fiera dell’Artigianato, che ha trovato un’ottima collocazione nel nuovo polo fieristico di Rho. Quest’anno le “danze” si aprono il 1 dicembre, dopo che tutti i negozi milanesi hanno abbondantemente “già dato” in occasione del “Black Friday”.
Martedì 27 novembre, alla vigilia degli appuntamenti commerciali più attesi della stagione natalizia, viene presentata alla Biblioteca Ambrosiana una raccolta di discorsi pronunciati dall’arcivescovo S. Giovanni Battista Montini (Paolo VI) tra il 1956 e il 1963, dedicati proprio alla Fiera campionaria che aveva allora sede in zona Amendola. I capannoni di Rho surclassano grandemente quelli, già enormi, degli anni dell’episcopato montiniano, tuttavia le parole di S. Paolo VI rimangono centrali per comprendere il dramma della cultura consumistica/efficientistica che cominciava ad intravvedersi. Dice durante la conferenza lo storico mons. Marco Navoni: “l’arcivescovo aveva intuito come nel progresso sia per così dire insito un limite che più che risolvere, può talvolta creare nuovi e impensati problemi: nel 16 aprile 1961 (4 giorni prima, Yuri Gagarin aveva percorso lo spazio e Montini ne fa allusione) chiese: “E tutto questo progresso a che cosa servirà, alla pace o alla guerra? Che sarà il frutto finale di tanta fatica?”. Quasi una “profezia”, un “presentimento”, che nel cosiddetto progresso, se incontrollato, potevano annidarsi le condizioni di un futuro di disperazione negativo per la vita dell’uomo”, inchiodato alla propria materialità.
Alle parole del viceprefetto dell’Ambrosiana si aggiunge subito dopo la valutazione dell’attuale arcivescovo ambrosiano, mons. Mario Delpini. “Forse con un po’ di fierezza milanese, si può dire di come Montini abbia dato molto alla Chiesa ambrosiana, ma anche Milano abbia dato molto a lui. Mi sembra che la città lo abbia provocato a esprimersi, a indagare quello che era sotto i suoi occhi e a darvi un orientamento” cattolico. L’inesausta ricerca missionaria del futuro Pontefice, che trova radici nella sua stessa biografia di bresciano, nato durante il massimo fulgore dell’Opera dei Congressi, ha scoperto un campo particolarmente fertile in cui dispiegarsi. Egli non mancò mai di mostrare il volto di una Chiesa che non è pregiudizialmente chiusa alle novità scientifiche e commerciali, come invece adombrava il poeta “di corte” dei Savoia, Giosuè Carducci (1835-1907), che irrideva la (molto) presunta idiosincrasia di Gregorio XVI (1831-46) per le locomotive. Dio non rifiuta nulla che si buono venga dalle Sue creature, dacché l’ingegno nell’uomo ce lo ha messo Lui.
“La passione montiniana per i risultati del progresso, della scienza e della tecnologia è evidente, così come la sua prontezza nell’intuirne i pericoli. Egli rivendica una sorta di spiritualità della scienza e dell’attività produttiva, sottolineando l’importanza di un umanesimo irrinunciabile. Forse possiamo dire che ci sia stato un esercizio dell’intelligenza delle scienze umanistiche che non è riuscito a dare una spiegazione persuasiva rispetto allo strapotere delle scienze”, specialmente a partire dal Positivismo. Ma il Vangelo c’è ieri, oggi e sempre per valutare ogni evento secondo il Signore. “Ci viene consegnata una responsabilità che gli intellettuali devono esercitare” avvalendosi di una retta ragione, ma essa interpella più da vicino l’intera comunità cristiana, che deve tornare ad esprimere nel suo complesso un pensiero definito e autorevole sulla realtà contemporanea.