Di Michele Brambilla
La tradizionale lettera dell’arcivescovo di Milano ai bambini della sua diocesi si configura, nel 2018, come una vera e propria novena. La novena di Natale, si sa, va dal 17 dicembre al 24, parallelamente alle liturgiche Ferie de exceptato (“dell’Accolto”). Mons. Mario Delpini propone allora alla riflessione dei ragazzi 9 statuine “speciali” da inserire nel proprio presepe. Esse concretizzano alcuni racconti: 1. l’affetto dei nonni, 2. il desiderio di pace di tutti i bambini del mondo, 3. come è facile fare il bene con gli amici, 4. il sorriso del malato, 5. la nostalgia di chi è lontano, 6. la gioia di donare, 7. l’amore che dura per sempre, 8. la fiducia, 9. la preghiera.
Di tutti viene data una lettura che spiazza chi cerca i soliti “buoni sentimenti” natalizi, o la loro politicizzazione. La prima tappa, infatti, invita per esempio i giovani, tramite l’esempio di una nonna che accompagna una bambina in chiesa (immagine molto cara all’arcivescovo), a riacquistare una profonda pietà mariana, che sia vera e propria confidenza con la Madonna. La seconda tappa, anziché indirizzare verso un’ideale di pace astratto, indica un luogo e una necessità: “Aleppo”, descritta da un missionario che racconta ai bambini “le case distrutte, le strade piene di macerie” e, soprattutto, “le antiche chiese rovinate”. I bambini che ascoltano il missionario deducono “ecco cos’è la pace: poter andare a Messa la domenica come a una festa senza fretta e senza minacce”.
Pure l’amicizia (tappa 3) non è un’amicizia generica. “L’amicizia che fa bene è quella che aiuta a fare il bene” e non porta alla dissipazione dell’anima, come illustra ai bambini una catechista di monaca di clausura. La “nostalgia di chi è lontano” (5) non conduce ad una stereotipata riflessione sull’immigrazione africana, bensì a guardare all’emigrazione dei giovani italiani tramite la storia di Federico, che insegue un dottorato di ricerca oltreoceano e manca tantissimo al suo fratellino.
Ancora più forte e politicamente scorretto è il messaggio che passa dalle tappe 4 e 7. La 4, “il sorriso del malato”, narra di “Alex”, un bimbo che fa la chemioterapia e, anziché essere abbandonato o invitato al suicidio, viene visitato tutti giorni da un compagno di classe ed è sorretto dalla preghiera incessante. Il settimo giorno della novena dell’arcivescovo si medita “l’amore che dura per sempre” con un approccio dichiaratamente antidivorzista. Il divorzio è sempre pagato dai bambini. “Ogni volta che li sento discutere (…) e sento che si arrabbiano mi spavento da morire. Ho una tremenda paura che a un certo punto decidano di separarsi”, dice una bambina pensando ai suoi genitori e guardando quella di due suoi compagni di classe. Molto meglio mettere nel presepe “(…) una statuina che porti a Natale il messaggio dell’amore fedele”.
Sono spunti che vengono a mons. Delpini dalla lunga esperienza pastorale. Spesso gira ancora oggi le periferie di Milano, senza dare molta pubblicità al gesto. L’arcivescovo tocca con delicatezza nervi scoperti della società contemporanea, conosciuti da tutti, ma proprio per questo meno affrontati, poiché significherebbe abbattere qualche pregiudizio ideologico. In questa situazione i cristiani sono “umili servi” della “rigenerazione”, veri e propri “(…) prigionieri della speranza” che “attraversano i momenti belli e quelli aspri e guardano al futuro, andando oltre le aspettative”, come dice lo stesso arcivescovo durante la Messa prenatalizia degli universitari milanesi, nella basilica di S. Nazaro (11 dicembre).