Di Michele Brambilla
Il 17 gennaio l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, si reca a Cernusco sul Naviglio per radunarvi prima i preti, poi i consigli pastorali dell’intera Zona VII (Sesto S. Giovanni). L’incontro ha l’ambizione di essere un “incontro di formazione permanente per il popolo cristiano” nei suoi vari “gradi”.
Mons. Delpini vuole anzitutto insegnare un atteggiamento, che chiama “dimorare nello stupore” creato dalle opere di Dio nella Chiesa fin dalla Pentecoste. “L’evento di Pentecoste suscita stupore: per alcuni è motivo di scandalo”. I farisei subito commentano “sono ubriachi” e segnano a dito gli Apostoli che, improvvisamente, riescono a farsi capire in tutte le lingue conosciute (At 2,7-13). “Per altri è motivo di entusiasmo e attrattiva che convince ad ascoltare le parole della Chiesa e a domandarsi: “che cosa dobbiamo fare fratelli?” (At 2,37)”.
Lo stupore è “(…) una condizione spirituale che rende leggeri, lieti, contenti: suggerisce che l’esperienza cristiana è una grazia sorprendente”, così come è sorprendente un Dio che si fa uomo. Anche gli eventi contemporanei più disagevoli fanno meno paura se letti con la lente dell’Incarnazione. “Mentre le letture politiche, sociologiche, storiche, cronachistiche possono leggere il convergere di molti popoli come un problema da affrontare, come una minaccia da cui difendersi, come un fenomeno da regolamentare, i discepoli di Gesù che formano la Chiesa cattolica continuano a dimorare nello stupore, ad essere fuori di sé per la meraviglia, ad ascoltare la parola degli Apostoli che danno testimonianza della Pasqua del Signore con un annuncio che risponde alle attese di tutti” tramite l’unica Parola che salva.
“La nostra tradizione cristiana”, ricorda pertanto l’arcivescovo, “vive con una pacificata naturalezza la storia: non ne soffre come di una prigione, non l’idealizza” hegelianamente “come un paradiso, non vi si perde come in una confusione inestricabile”, poiché noi ne conosciamo il senso: Cristo. “Ci ha sempre accompagnato quel senso di responsabilità per i talenti ricevuti che impedisce di restare inoperosi e di pensare solo a se stessi”, come fanno i rassegnati. A fronte di una lettura mediatica sempre più nera della realtà occorre agere contra perlomeno recitando quotidianamente i Misteri gaudiosi del S. Rosario, che, assicura mons. Delpini, ci permettono di fare costante memoria dell’abitare tra noi di Colui che è il Sommo Bene.
“Si intuisce che la Chiesa sta cambiando perché cambia il mondo, perché cambiano i cristiani, perché la missione di sempre si confronta con scenari nuovi, con interlocutori diversi, con insidie per le quali siamo impreparati. Continuiamo a fidarci di Dio e ad essere attivi nel cambiamento”, certi della perpetua assistenza dello Spirito Santo. Non è, quindi, un mero processo adattivo. “L’Incarnazione del Verbo di Dio non è stato un adattarsi alla storia”. Gesù non ha lasciato le vicende umane così come le ha trovate nella grotta di Betlemme, quindi i cristiani non solo vivono nella storia del mondo, ma si sentono a loro agio pure quando bisogna giudicarla e cambiarla nel concreto per renderla sempre più simile al Regno dei Cieli. “Perciò le nostre liturgie, i nostri canti, la nostra poesia, le immagini della nostra devozione, ogni celebrazione accoglie il dono della comunione che ci unisce e invita ad esprimerlo con gratitudine e gioia, edificando una comunità che rivela nell’unità la ricchezza della pluriformità” autentica, suggerita dallo Spirito creatore.