Di Michele Brambilla
Nel discorso alla città 2018 mons. Mario Delpini aveva suggerito di aprire ogni seduta del consiglio comunale di Milano leggendo un articolo della Costituzione alla volta, compiendovi sopra una vera e propria meditazione che riconduca ai principi primi dell’agire politico. L’11 febbraio viene invitato dal sindaco Giuseppe Sala a commentare di persona l’art. 3 nell’aula di Palazzo Marino.
Mons. Delpini inizia, quindi, leggendo l’articolo per intero: «Art. 3: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese».
L’arcivescovo considera provvidenziale essere stato chiamato a parlare dell’art. 3 in concomitanza con il 90° anniversario dei Patti Lateranensi, poiché la coincidenza «[…] consente di riconoscere che entro i rapporti non privi di complessità tra lo Stato Italiano e la Chiesa cattolica, la tradizione e l’attualità milanese scrivono pratiche di eccellenza, anche in questo campo». Non è una vicenda solo del passato, ma anche del presente, come evidenzia l’arcivescovo, che non si esime, però, anche da una puntualizzazione: «naturalmente il vescovo esprime anche l’auspicio che le persone che pensano e riflettono con spirito critico e autocritico non si confrontino con la Chiesa cattolica solo per riconoscere il servizio che ha reso e rende in molti ambiti della vita della città». La Chiesa è “utile” specialmente perché indica dei valori perenni, quelli della tradizione cristiana, in primis la famiglia naturale.
Consapevole che gli umori della giunta Sala non sempre coincidono sull’argomento con quelli della dottrina sociale della Chiesa, mons. Delpini afferma con forza: «ancora mi permetto di mettere in evidenza che tra i fattori determinanti del “linguaggio comune” dovrebbe essere incluso un tema che può essere controverso, ma che io ritengo irrinunciabile […]. E’ il tema della centralità della famiglia: ritengo infatti che la famiglia sia la risorsa determinante per favorire il convivere sereno e solidale». Non teme neppure di denunciare che «la considerazione della famiglia e la sua centralità per il benessere della città si scontra con la tendenza diffusa a dare enfasi ai diritti individuali, nel costume, nella mentalità e nella legislazione nazionale come nelle delibere comunali».
La centralità della famiglia si salda con la questione demografica, ugualmente menzionata da mons. Delpini. Da una buona politica familiare deriva un incremento di natalità. «A me sembra […] che sia ragionevole, in vista della promozione del bene comune, che si promuova la famiglia come forma stabile di convivenza, di responsabilità degli uni per gli altri, di luogo generativo di futuro. Il preoccupante calo demografico, la desolata solitudine degli anziani, i fenomeni allarmanti della dispersione scolastica, delle dipendenze in giovanissima età, dell’indifferenza individualistica devono dare molto da pensare a chi ha a cuore il bene comune» e, invece, si attarda ancora a dare priorità a capricci ideologici molto secondari.