La società contemporanea replica, secondo l’arcivescovo ambrosiano, l’atteggiamento dell’antico re di Giuda, che non voleva “interferenze” di Dio nella vita pubblica, che di Dio, invece, ha molto bisogno per continuare a riconoscere l’ineliminabile dignità di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale.
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di Michele Brambilla
Tra i vari titoli che l’arcivescovo di Milano possiede c’è anche quello di parroco di S. Maria Annunciata alla Ca’ Granda, meglio noto come ospedale Niguarda. Un tempo il nosocomio aveva sede negli stessi chiostri occupati oggi dall’Università Statale. Ancora oggi, però, attorno alla Ca’ Granda ruota una delle più sentite feste patronali della città di Milano, la Festa del Perdono, che coincide sempre con la solennità dell’Annunciazione (25 marzo) ed è analoga, per le modalità celebrative e i privilegi spirituali, al Perdono di Assisi (2 agosto).
Mons. Mario Delpini si reca quindi lunedì 25 marzo a celebrare la Messa dell’Annunciazione proprio nell’antica cappella della Ca’ Granda, e proprio lì pronuncia una omelia sferzante nei confronti dell’ostracismo che oggi colpisce l’etica cattolica nell’agone pubblico. L’atteggiamento del laicismo contemporaneo è paragonato dall’arcivescovo a quello del re biblico Acaz, che durante un assedio mise alla prova il profeta Isaia. «Il re di Giuda Acaz, coinvolto nelle beghe delle guerre e delle alleanze, è in confusione, non sa a chi rivolgersi. Il profeta gli suggerisce: “Abbi fiducia in Dio, chiedi un segno della sua presenza, non lasciarti coinvolgere in trame e congiure. Abbi fiducia in Dio!”. Ma Acaz rifiuta. “Non lo chiederò!” come per dire: con la politica Dio non c’entra, Dio abita nei cieli, non voglio disturbarlo».
Non è forse così che ragionano le elites rivoluzionarie? Mons. Delpini squaderna impietosamente i loro pensieri: «Dio non c’entra, gli affari sono affari, in politica contano i numeri. L’esclusione di Dio dalla vita pubblica censura un riferimento che orienti le scelte, toglie il fondamento ai valori, apre la porta all’arbitrio e al calcolo meschino, all’arroganza e all’autoritarismo». L’unico spazio che la società contemporanea conserva ancora a Dio è, se va bene (Unione Sovietica docet), quello dei templi. Ma la religione cattolica è la religione del Dio incarnato, che scendendo dal Cielo rompe i muri che l’uomo cerca di elevare per nascondere la Sua presenza. «Contro l’esclusione dalla vita pubblica, contro l’emarginazione in tempi e luoghi circoscritti, la narrazione evangelica rivela l’irrompere di Dio nella casa di Maria, nella città di Nazareth e l’angelo di Dio rivela l’intenzione di Dio di entrare nella vita di Maria e nella storia del popolo, nella dinastia di Davide, occupando il trono di Davide suo padre».
L’Incarnazione del Verbo in Maria sottrae definitivamente l’ordine del creato al caos. «La vita non è infatti un caso, non è una combinazione di un po’ di chimica, di un po’ di fisica, non è un fenomeno riducibile alle sue componenti materiali. È invece una vocazione, un dono di Dio che riempie di grazia», pertanto «la vita è indisponibile agli interessi umani, le persone non sono numeri né materiale, le persone non si classificano in base a quanto possono pagare, a quanto possono contare. La dignità dell’uomo e della donna dipende dal fatto che sono interlocutori di Dio» in ogni momento della loro esistenza, dal concepimento alla morte naturale.