Il Signore continua a parlare a tutti, ma non tutti vogliono ascoltarlo. Tuttavia, il desiderio di Gesù che tutti siedano a mensa con Lui rimane in eterno e bisogna ridestare il desiderio di Dio nei nostri contemporanei. Questo il messaggio di mons. Delpini ai catecumeni e alle migliaia di giovani della veglia “in Traditio Symboli”.
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di Michele Brambilla
La veglia “in Traditio Symboli” 2019, che si svolge nel Duomo di Milano la sera del 13 aprile, ha come titolo Chi ama la propria vita?. L’espressione è tratta dalla pagina di Vangelo (Gv 12,20-32) proposta all’ascolto dei 115 catecumeni e delle migliaia di giovani che, come ogni anno, riempiono la cattedrale milanese alla vigilia della Domenica delle Palme.
Mons. Mario Delpini per la sua omelia parte da un sentimento molto comune nei giovani contemporanei, lo scoraggiamento, che li conduce alla resa anticipata di fronte alle sfide della vita. «Questa parola è per quelli che non si piacciono; questa parola è per quelli che si dicono: “Che disastro! Io non ce la farò mai!”. Questa parola è per quelli che sono intristiti dal sospetto di non meritare di essere amati, che sono depressi dall’impressione di non interessare a nessuno. Questa parola è per quelli che buttano via il tempo, che rovinano la salute, che mettono a rischio la loro vita, perché pensano: “Tanto la mia vita non vale niente!”». Oltre agli scoraggiati, la sociologia contemporanea consegna come figura di giovane anche «quelli che si eccitano per innamoramenti sperimentali invece che percorrere itinerari per un amore fedele e servizievole, perché si arrendono ai luoghi comuni: “Tanto non dura!”».
Nel brano di Vangelo Gesù annuncia che non si sottrarrà alla Passione e si vede subito dopo riconfermare pubblicamente nella Sua Missione da una voce dall’alto, «“L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!” (Gv 12,28)», che Cristo commenta in questo modo: «“Questa voce non è venuta per me, ma per voi!” (Gv 12,30)». Mons. Delpini “rilancia la palla” agli ascoltatori di oggi: «Mi faccio eco di questa voce e vi invito, vi incoraggio, vi richiamo, vi correggo: questa voce è per voi! Che cosa dice questa voce?».
Insegna anzitutto l’importanza dell’ascolto. «Ascoltate il Signore che vi parla e rendetevi conto dell’altezza della vostra dignità: voi siete interlocutori di Dio», pertanto «non sottovalutatevi, non fate dipendere la stima di voi stessi dai risultati che ottenete, dagli apprezzamenti che ricevete, dal numero di quelli che entrano nei vostri profili per curiosare nella vostra vita». I giovani cattolici devono essere si attrattivi, ma in quanto testimoni di Cristo. «Siamo vivi perché chiamati a condividere la vita di Gesù. La vocazione non è una carriera, non è una professione, non è una sistemazione. È la sequela di Gesù per partecipare alla sua vita e alla sua gloria».
Per chi è il messaggio cristiano? Per tutti! «Il Padre non può fare festa finché non siano riuniti tutti i figli, il buon Pastore non può darsi pace finché non abbia trovato e salvato anche la pecorella che si è smarrita». L’arcivescovo invita allora a portare a Gesù tutti coloro per i quali la Settimana Santa è solo una settimana di vacanza scolastica. «Non manchi a Pasqua una preghiera per gli amici che non fanno Pasqua! Non manchi a Pentecoste una domanda su come io, giovane, posso essere apostolo per i giovani».
Lunedì, 15 aprile 2019