I discepoli di Gesù il giorno della Sua ascensione non Lo avevano ancora compreso e guardavano all’esperienza degli anni di sequela secondo prospettive sbagliate, tuttavia il Signore li sceglie di nuovo e li manda nel mondo a predicare il Vangelo. Noi, dopo 2000 anni, siamo chiamati a rispecchiarci in quei discepoli e a riscoprire il medesimo mandato missionario.
di Michele Brambilla
«Sconvolti e pieni di paura: la presenza di Gesù sembra peggio dell’assenza; la rivelazione della sua gloria provoca uno sconcerto più generale delle vicende tragiche della passione e della morte di Gesù, è più facile credere in un fantasma che nella risurrezione»: così inizia la sua omelia la sera del 30 maggio mons. Mario Delpini, in un Duomo di Milano gremito per la solennità dell’Ascensione, celebrata dal Rito ambrosiano nel giorno proprio, il 40° dopo Pasqua. Gesù risorto è “smisurato” rispetto alle attese umane, allora nel cuore dei discepoli si insinuano vari timori, dall’inadeguatezza alla frustrazione delle proprie ambizioni personali.
«Siamo gente così, noi, discepoli di oggi: più inclini a credere all’assenza di Gesù piuttosto che a rallegrarci della sua presenza, più abituati a ricordarlo come morto piuttosto che ad adorarlo come risorto». Mons. Delpini connette subito ieri e oggi. Di fronte al mistero di Cristo si formulano ancora le domande sbagliate. «Erano gente così i discepoli che Gesù aveva scelto, desiderosi di occupare i primi posti, alla destra e alla sinistra del Signore, desiderosi di essere premiati e riveriti come ministri di un re potente. Siamo forse gente così, anche noi, discepoli di oggi: ci immaginiamo che si possa seguire Gesù e avere successo; ci immaginiamo che si possa imitare Gesù ed essere popolari; ci immaginiamo che l’appartenenza alla comunità di Gesù sia una assicurazione che ci metta al riparo dalle tribolazioni e delle cose brutte della vita», invece esse ci raggiungono comunque e predicare il Vangelo non è poi così popolare al giorno d’oggi.
Allora, prosegue mons. Delpini, il Signore ripete di nuovo le parole giuste, quelle che indicano la prospettiva reale dei discepoli. «“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?”: guardano nella direzione sbagliata», perché Gesù continua a rimanere sulla Terra nell’Eucaristia e nei fratelli in umanità, che vuole siano salvati dall’annuncio evangelico. Sembrano davvero di dura cervice gli Apostoli. Tuttavia, rivolgendosi ai fedeli presenti nella cattedrale milanese, l’arcivescovo ricorda che «siamo gente così anche noi, discepoli inadeguati, spaventati e orientati nella direzione sbagliata, incapaci di comprendere le scritture e indecisi sui passi da compiere».
«Forse», commenta mons. Delpini, «ci aspetteremmo una parola di insofferenza e di stizza da parte di Gesù», invece Egli rinnova subito il mandato missionario. «Gesù continua a contare su gente inadeguata, non a motivo della loro inadeguatezza, ma a motivo della loro disponibilità: riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi … ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto». Con l’Ascensione comincia la novena di Pentecoste, in attesa dello Spirito Santo. Il Duomo risuona dei canti gioiosi del movimento di Rinnovamento nello Spirito, rappresentato nel presbiterio dal suo assistente ecclesiastico diocesano, don Matteo Narciso.