Il vicario generale dell’arcidiocesi di Milano annuncia il rinnovo dei consigli pastorali parrocchiali ricordando che si tratta di manifestare in essi la corresponsabilità dei laici.
di Michele Brambilla
Nelle stesse ore in cui l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, assisteva alla Messa in Rito maronita nella chiesa cittadina di S. Pietro Celestino, il suo vicario generale, mons. Franco Agnesi, rilasciava alla giornalista Annamaria Braccini un’intervista nella quale il presule connette i contenuti principali della lettera pastorale La situazione è occasione all’itinerario che sta conducendo le comunità ambrosiane a rinnovare entro ottobre i loro consigli pastorali.
«Non guardiamo a queste scadenze come ad adempimenti burocratici: qualche fatica è innegabile, ma ci sono tanti spazi per lavorare insieme» nella quotidianità, clero e laici. L’intuizione di mons. Delpini di assecondare il ritmo della liturgia, chiedendo persino una salutare revisione delle molteplici attività parrocchiali, secondo il vicario generale «è una scelta molto interessante che ci riporta al vissuto delle nostre comunità, con le sue tante situazioni ed eventi, rileggendo nel tempo liturgico, da una parte, la fedeltà alla promessa del Signore che si rinnova ogni anno e, dall’altra, le tante domande e novità che abbiamo nel cuore e che ci rendono diversi anno dopo anno».
L’attenzione si focalizza soprattutto sulle dinamiche interiori e sulla “dimensione feriale” dei rapporti tra i fedeli. «La concretezza e l’umanità che si esprimono in questa Lettera possono diventare occasioni per noi tutti, parafrasando il titolo dello scritto del Vescovo. La gioia – che non si può costruire ad arte – ha bisogno di un terreno favorevole: basterebbe riflettere su quante occasioni abbiamo ogni giorno, di fronte alle persone, per poter manifestare la serenità di un incontro piuttosto che la paura e la difesa».
Il rinnovo dei consigli pastorali rientra perfettamente in questa logica, che ne spiega la finalità. «Talvolta ho l’impressione che si perda di vista il perché esiste il Consiglio pastorale. Consiglio che dovrebbe essere l’occasione in cui dire le tre cose essenziali che deve fare una comunità: pregare, celebrare l’Eucaristia e i Sacramenti; aiutare i ragazzi a comprendere la chiamata a dare la vita, ossia la loro vocazione; infine, rendere abitabile la terra e benedirla – come ama dire l’Arcivescovo -, compiendo gesti di fraternità». Il desiderio dell’arcivescovo è quindi quello di un consiglio pastorale che abbia quindi soprattutto un’identità spirituale e un approccio “mistico” alla realtà circostante.
E’ una conversione possibile anche a quella branca del consiglio pastorale che ha più a che fare con l’aridità dei numeri, ovvero il consiglio affari economici? Per mons. Agnesi l’arcivescovo esorta anche i consigli affari economici a valutare diversamente il loro lavoro, «perché è un tema a tutti gli effetti pastorale, in quanto le questioni economiche toccano la vita della Chiesa ogni giorno, sia rispetto al suo volto, sia in riferimento all’esistenza della parrocchia stessa con le sue strutture. Tutto questo si offre come un grande campo di maturazione per le comunità». Le scelte materiali palesano infatti il tipo di priorità che la comunità si pone e consentono di valorizzare pienamente il “genio” dei laici, chiamati proprio alla santificazione delle realtà temporali. «Il parroco, in questo senso, può essere “il buon padre di famiglia”, valutando le scelte, ma non occupandosi di tutto».