L’incontro tra Maria e Elisabetta non fu riportato dalle grandi cronache della loro epoca, tuttavia ancora oggi è il “frammento” che può rincuorare un Occidente laicista malato di disperazione.
di Michele Brambilla
Alle 11.00 del 15 agosto mons. Mario Delpini presiede nel Duomo di Milano la Messa solenne della festa dell’Assunzione di Maria, mistero ben rappresentato dalla guglia maggiore della cattedrale ambrosiana. La Madunina fu elevata nel 1773 da una Milano che puntava fermamente il suo sguardo verso il Cielo, ma in che direzione guarda quella di oggi?
Mons. Delpini è come sempre senza sconti nella sua omelia. Il vizio principale della cultura dominante è «raccontare la storia come un destino deprimente. Incontro persone per bene che sono scoraggiate, sopraffatte dell’accumularsi di notizie che sembrano decretare il prevalere del male. Mi raccontano di buone intenzioni che si sono smarrite e spente quando hanno incontrato rassegnazione e ignavia. Le persone istruite, le persone che godono prestigio, i personaggi di cui si raccolgono le parole come profezie e le analisi come interpretazioni indiscutibili contribuiscono a raccontare una storia senza speranza, confermano e incoraggiano una abitudine al lamento e una persuasione dell’ineluttabile declino di una umanità depressa, sterile, oppressa da un destino ostile», frase che può essere interpretata come una sottile presa di distanza dal “profetismo” ambientalista nostro contemporaneo.
«In questo contesto», si chiede l’arcivescovo, «che cosa si può fare? che cosa si può dire? In questo contesto come si compie l’opera di Dio? Come il credente racconta la storia e la vive?». La risposta è ancora una volta nel Vangelo e nell’umile fanciulla di Nazareth.«L’annuncio del Vangelo raccoglie un cantico di esultanza raccolto da una casa privata, da un incontro familiare, dalla storia di gente che risulta insignificante alla cronaca del tempo e al racconto della grande storia», Maria e Elisabetta, entrambe incinte, che magnificano le grandi opere che Dio ha compiuto per il Suo popolo. «Ma il cantico di Maria non è la conclusione di una analisi della situazione, piuttosto è la lettura della vicenda umana attraverso lo spiraglio aperto dal frammento della esperienza personale», certamente singolare, tuttavia «chi ascolta il racconto evangelico è invitato dalla testimonianza di Maria a leggere la vicenda umana a partire dal frammento. Come a dire che la storia che Dio sta scrivendo non è quella dei numeri e delle statistiche, ma quella di ciascun figlio, di ciascuna figlia che vive questo presente affascinante e drammatico» e può decidere anche nel XXI secolo di seguire l’Emmanuele, il Dio-con-noi che illumina la nostra realtà polverosa della luce divina. «Ecco che cosa possiamo fare: riconoscere nel frammento la gloria di Dio, guardare la storia dal punto di vista del frammento, accogliere in questa vicenda insignificante che è la nostra vita la visita di Dio che accende una luce perché ogni vicenda ne sia illuminata. Ecco che cosa possiamo, che cosa siamo chiamati a fare: dare principio a una storia nuova accogliendo lo Spirito che rende nuova la nostra storia con la sorpresa delle Beatitudini».
Lunedì, 19 agosto 2019