La citazione del Vangelo di Luca fa da sfondo all’omelia di mons. Mario Delpini durante il pontificale (anticipato) per la solennità della Natività di Maria: un invito alla “spes contra spem”, anche nel mondo di oggi.
di Michele Brambilla
La mattina del 7 settembre mons. Mario Delpini celebra in Duomo, davanti ad un grande consesso di fedeli e di seminaristi, giunti appositamente per la vestizione dei loro compagni di 3^ teologia, il pontificale della festa patronale della cattedrale milanese, dedicata alla Natività della B.V. Maria. Di per se la data esatta sul calendario liturgico sarebbe l’8 settembre, tuttavia l’arcivescovo decide di anticipare i festeggiamenti a causa dell’incombere della domenica, seguendo le ferree regole del Rito ambrosiano.
Mons. Delpini nell’omelia desidera mettere a fuoco, parallelamente al brano evangelico della visitazione di Maria ad Elisabetta, il momento nel quale la Madonna dovette dire a san Giuseppe che era incinta. «C’è stato dunque un momento in cui Maria è entrata nella casa di Giuseppe. A differenza dell’evangelista Luca che attesta la visita di Maria alla cugina Elisabetta, Matteo non rivela che cosa sia successo quando Maria entrò nella casa di Giuseppe. Possiamo immaginare che le parole siano state sobrie, in coerenza con la sensibilità e lo stile delle persone, ma forse saranno state simili a quelle pronunciate nella casa di Zaccaria», un altro Magnificat. «Giuseppe, uomo giusto, attento alle annunciazioni degli angeli di Dio, colmato di Spirito Santo, ha detto le poche parole necessarie, riconoscendo il mistero che si stava compiendo in Maria sua sposa: “a che cosa debbo che la madre del mio Signore venga da me? … Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (cfr Lc 1,43.45). Allora Maria disse: L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva».
Certo, il dialogo tra Maria e il suo sposo, così come ricostruito, è chiaramente una parafrasi “delpiniana” del Vangelo di Luca, ma serve per ricordare che Dio «ha spiegato la potenza del suo braccio, ha compiuto le sue opere meravigliose, si è mostrato fedele alla promessa e ha scelto me, ha scelto te, Giuseppe, della casa di Davide. Ha scelto ciò che nel mondo era fragile, povero, inadeguato e disprezzato per dare un segno della presenza del suo regno in Gesù, chiamato Cristo». Questo non può che suscitare un sacro stupore per come il Signore sappia sempre realizzare ciò che promette, districandosi nella matassa, spesso apparentemente incomprensibile, della storia degli uomini. «I secoli passano e l’oblio cancella le tracce della gloria e della miseria, ma la misericordia di Dio continua di generazione in generazione: così che io posso persino cantare e danzare ed essere lieta», sentenzia l’arcivescovo parlando come parlerebbe Maria. «Dire male della storia dell’umanità e disprezzare il presente è come non vedere la misericordia di Dio che percorre le generazioni e trasforma ogni situazione in occasione, ogni incontro in annunciazione, ogni frustrazione in generazione di vita e di futuro».
Lunedì, 9 settembre 2019